L’industria delle confezioni rappresenta l’80% delle esportazioni totali del Bangladesh. Solamente nel settore del tessile ci sono circa 5000 fabbriche concentrate nella prima periferia di Dhaka e impiegano circa 4 milioni di lavoratori il 90% dei quali sono donne e l’85% di queste sono analfabete.
Trovare lavoro nelle fabbriche di confezioni non è difficile anche per chi non è andato a scuola e non ha nessuna qualifica.
Il successo di questo settore è stato possibile, almeno all’inizio, al fatto di poter contare su una manodopera a basso costo. Ancora oggi il salario di un operaio Bengalese e il più basso fra tutti i paesi della zona produttori di confezioni tipo l’India o il Vietnam.
Basso sì, ma quanto?
Quanto guadagna in media un’operaia di primo livello, il più basso, quello per cui non bisogna nè saper leggere nè saper scrivere?
Prendiamo il caso di Shahida (un nome a caso).
Shahida ha lasciato il suo villaggio, dove non avrebbe avuto nessuna possibilità di trovare lavoro, ed è arrivata a Dhaka circa dieci anni fa. Deve lavorare perchè il padre e la madre ormai anziani non sono più in grado di provvedere alla famiglia. Shahida è gia’ sposata e ha una figlia in età scolare. Il marito è un rickshawallah.
Lei trova subito lavoro in una fabbrica di confezioni, all’inizio come aiutante tuttofare per 3.000 Taka al mese (1 taka equivale a 82 centesimi di Euro). Tre anni dopo è stata promossa ad addetto macchine e guadagna 8800 Taka. Anche se però ora guadagna quasi il triplo rispetto a 10 anni fa, le sue condizioni di vita non sono migliorate e, anche se riesce a pagare affitto, bollette, ecc. non riesce a mettere da parte praticamente nulla. Se dovesse avere bisogno di soldi extra per un’improvvisa necessità, deve chiedere un prestito o al datore di lavoro o a un parente.
Dal suo salario di 8800 Taka, 2200 se ne vanno per l’affitto della casa, una stanza di circa 20 metri quadri con annesso WC, vicino alla fabbrica; 1500 Taka li spende per pagare le bollette, gas, luce e 5000 Tk circa per mangiare. Se fate un calcolo veloce, tutto il suo salario, o quasi, se ne va per pagare le spese fisse.
Il marito portava a casa circa altri 8/9000 taka; ma ora ha problemi fisici e non riesce a guadagnare più di 1000 taka al mese. Se il marito ha bisogno di medicine per curarsi, i soldi vengono sottratti dalle spese alimentari, vorrà dire che quel mese si mangerà di meno, o meno variato. Vi posso garantire che la carne di mucca la mangiano praticamente mai, se pensate che un kilo di carne costa circa 4 euro.
Con le ore di straordinario, che regolarmente tutti fanno, riesce a raccimolare a fine mese 12.000 Taka.
Un’operaia lavora 10 ore al giorno, con lo straordinario diventano 15/16.
La figlia di Shahida ha studiato fino alla quinta elementare in una scuola gestita da Brac, la piu grande ONG del Bangladesh. Quando però ha capito che la madre era l’unica fonte di reddito e che spesso a casa mancavano i soldi anche per le cose fondamentali come il mangiare, ha abbandonato la scuola e ora lavora in un piccolo negozio di generi alimentari. Fra qualche anno raggiungerà la madre in fabbrica. Il suo salario ora è di 4000 Taka al mese. Da tanto tempo sognava di dormire in un letto tutto suo e non con i genitori. La madre le ha comprato un letto nuovo per 8000 Taka che pagherà a rate di 2000 Taka al mese. Sono delle piccole soddisfazioni, soprattutto a quell’età, ma purtroppo fanno perdere di vista le opportunità del futuro. Queste persone non sono in grado di fare progetti a lungo termine. La loro percezione del tempo arriva fino al 31 del mese, non oltre. Non hanno un conto in banca, non riescono a mettere da parte nulla; se hanno bisogno di soldi fanno prestiti. Del resto anche Mohammad Younus, il famoso banchiere dei poveri e vincitore del premo Nobel per la pace, ha costruito la sua filosofia sul micro credito.
Ma sono pochissime le persone che riescono a uscire da questo circolo vizioso: abbandono della scuola, lavoro in fabbrica, matrimonio, figli; figli che mantengono i genitori che a loro volta si faranno mantenere dai loro figli.
Chi ce la fa, sa che deve mantenere tutti.