Covid19 – Help the helpless è un’iniziativa di raccolta fondi da me avviata per aiutare le famiglie più colpite dal lockdown imposto dal governo a partire dallo scorso 25 marzo non solo a Dhaka ma anche in tutto il resto del paese.

Io sono Bianca, ho 18 anni e prima dell’arrivo di Covid19, oltre a preparare l’esame di maturità, facevo la volontaria per un’organizzazione internazionale, la Terre des hommes, ufficio italiano a Baunya-Badh, uno dei più grandi slum di Dhaka. Mi occupavo dell’insegnamento dell’inglese nella scuola che Terre des hommes sostiene in questo slum, affiancando la maestra di ruolo e delle attività ricreative per i bambini nel doposcuola pomeridiano. Tre mattinate passate un po’ in ufficio ad aggiornare il database delle attività e a compilare le relazioni del lavoro svolto e i giovedi interamente passati nello slum a contatto con i bambini della scuola e del doposcuola. Ho visto con i miei occhi come vivono questi bambini e le loro famiglie, ho imparato a conoscerli e a valorizzare il loro talento; per loro ero Bianca, la ragazza del giovedi, che sapeva l’inglese, leggeva loro le storie e faceva bellissimi disegni insieme a loro.

Ora le priorità sono cambiate.

I miei esami di giugno sono stati tutti cancellati e non mi è più possibile entrare nello slum per motivi di sicurezza, le vie di accesso sono sbarrate e la polizia controlla chi esce e chi entra.

Ciò significa che le circa 50.000 persone che li ci vivono sono costrette a rimanere negli angusti spazi delle loro abitazioni, anche se io abitazioni proprio non le definirei; sono più che altro stanze con un angolo cottura dove vivono in almeno 4 o 5; il bagno è solitamente fuori, uno per decine e decine di persone. Non solo. I mariti o i padri sono tutti impiegati nelle cosiddette attività ‘informali’ cioè che non appartengono a nessuna categoria regolata dalle leggi e diritti salariali, infortunistici, assistenziali, ecc.; fanno i rickshawallah, i muratori, i portinai, i portatini, chi ha qualche conoscenza in più il meccanico; le donne sono tutte o domestiche a ore o impiegate nelle fabbriche di confezioni. Vivono tutti alla giornata. Non hanno conti in banca ma i risparmi vengono conservati in barattoli di latta confusi tra le pentole dello scaffale più alto diponibile.

Nel giro di pochi giorni dal lockdown imposto dal governo, sono nate a Dhaka numerose iniziative di aiuto per queste persone. Quelle che stanno avendo più successo sono quelle nate a livello di quartiere o quelle di cittadini privati. C’è stato chi ha organizzato mercati all’aperto di beni essenziali disponibili a gratis, chi ha messo in piedi cucine da campo per offrire loro almeno un pasto al giorno.

Pensando a loro, ho messo anch’io a disposizione i miei contatti e capacità per aiutarli. Mi sono informata, ho tastato la disponibilità delle persone nel mio circolo di amici, conoscenti, parenti, colleghi di lavoro dei miei genitori e mi sono buttata. Ho aperto un profilo facebook e un conto bkash (un sistema di pagamento locale tramite cellulare in cui si possono versare soldi fino a un massimo di 300 euro circa e prelevarli tramite agenti sparsi ovunque sia a Dhaka che fuori Dhaka), ho preso a prestito il conto Paypal di mamma e quello in banca di papà per le eventuali donazioni dall’estero e mi sono buttata. E’ andata bene, anzi sta andando ancora bene perchè qualche donazione continua ad arrivare. In meno di un mese ho raccolto l’equivalente di 3000 Euro. E poi, ho ancora l’ultimo mio asso nella manica. Dopo circa 15 giorni dal lancio ho deciso di mettere all’asta alcuni dei miei quadri ed ho lanciato l’idea ‘call for artists’ per chi, come me, voleva mettere a disposizione anche i suoi quadri. L’asta chiudera’ fra quindici giorni. Nel frattempo metà dei soldi raccolti fino ad ora andranno a sostenere 25 famiglie dello ‘mio’ slum per tre mesi; l’altra metà la dividerò fra altre due associazioni di volontariato che ho conosciuto tramite la mia campagna e che, operando già da qualche tempo nel volontariato, hanno a disposizione persone e strutture adatte a coprire un numero maggiore di persone.

Ci sono vari pacchetti di sostegno. Per quello alimentare, con beni di primo consumo per una famiglia di quattro persone, basta donare al mese 20 Euro.

Quello che mi ha fatto più piacere è stato ricevere i complimenti delle mie insegnanti e di tutti quelli che hanno sostenuto la mia iniziativa ma soprattutto ho fatto in modo che questi giorni di forzata quarantena non siano andati del tutto persi.