Sandy crebbe in quel luogo incantato, dove si respirava un’aria mista a tradizione e rinnovamento, dove le generazioni nuove avevano sempre un po’ troppo da spartire con quelle precedenti.
Avrebbe tanto voluto avere un fratello o una sorella. Guardava con occhi compiacenti quelli delle sue amiche. Proprio loro erano state da sempre le sue sorelle e compagne. Insieme sui banchi di scuola, nelle corse sulla sabbia e le prime pedalate in bicicletta per quelle vie un po’ sgangherate del piccolo paese.
Gli anni passavano e Sandy pensava e ripensava…viveva in costante allerta, osservando e analizzando la realtà, quella che le apparteneva, l’unica che conosceva da quando era nata.
In quei giorni la accompagnava una sensazione di inadeguatezza, che non ricordava di aver mai provato prima.
Si era plasmata nel suo mondo o era avvenuto il contrario?
Aveva un suo ideale o aveva permesso a tutto e a tutti di costruirglielo addosso?
Echeggiavano nella sua testa suoni, luci, risate, volti, persone che pareva avessero rubato pezzo dopo pezzo un po’ di lei.
Forse proprio lei lo aveva acconsentito? Chi era Sandy per il mondo?
Ognuno è predestinato a un ruolo e occupa una pedina nel gioco della vita.
Non aveva chiaro quale fosse il suo.
Da bambina, ovviamente, non si era posta troppe domande, nè aveva mostrato particolari incertezze, aveva solo bevuto tutto ciò che le era stato offerto.
Quel “tutto” un po’ liquido, che le era scivolato giù nella gola senza neanche dover essere masticato. Così lei aveva solo deglutito e assimilato informazioni.

Poi arrivò l’adolescenza, che bussò alla porta di una ragazza troppo giovane e acerba.
Quella porta di legno scuro a due ante, che dava sulla via del borgo.
Quell’uscio, sulla via principale del paesino, che pareva spento d’inverno e acceso d’estate.
Il portone aveva un campanello, che non suonava mai, tutti preferivano avvisare del loro arrivo battendo il grosso anello di ferro.
Con le sue amiche, Sandy aveva decodificati tre rintocchi. Quando li sentiva, sapeva che erano loro. Le ragazze andavano da lei quasi tutti i pomeriggi, per fare il solito giro in bici, per la merenda al belvedere o per le passeggiate estive.
Amiche, cresciute insieme. Asilo, elementari, medie, stagione dopo stagione.
Quel pomeriggio, Sandy, quindicenne, era stesa sul letto, nella sua camera azzurra, fissava le grosse travi del soffitto e le sembrava di sentire il loro peso gravarle sul petto. Pareva le si avvicinassero sempre di più, per schiacciarla.
Poi un singolare cinguettìo la distolse da quel pensiero e la riportò alla realtà.
Guardò verso la finestra, sentì battere, si alzò con fatica e andò alla porta.
Le ragazze, puntuali avevano bussato.
Un veloce “ Ciao, io esco! “ E via.
Quel giorno faceva molto caldo, era uno di quei tipici pomeriggi afosi del mese di luglio.
Il sole alto in cielo irradiava un calore che faceva bruciare la pelle.
L’umidità nell’aria imperlava i visi delle temerarie ragazze che, noncuranti di quella temperatura, avevano deciso di dare inizio alla loro avventura, quella che sognavano da mesi.
Era tanto che dicevano di andare insieme a scoprire cosa ci fosse al di là del vecchio portone nel bosco.
Quel castagneto che avvolgeva in un dolce abbraccio il paese, ospitava, nella zona più a nord un antico casale.
Si raccontava che appartenesse alla famiglia Della Gherardesca , che fosse disabitato da oltre cento anni, del tutto abbandonato, al punto da lasciarlo decadere e seppellire dalla fitta vegetazione, che anno dopo anno lo mangiava sempre più. Aveva perso l’aspetto di una vecchia casa e si stava assimilando alla natura circostante.
Solo la porta d’entrata con la grossa serratura era rimasta immutata.

Sandy, un po’ per gioco e fantasia o perché ci credeva davvero, aveva stabilito che quel pomeriggio si sarebbe avventurata con le ragazze al casolare nel bosco, certa di trovare qualche tesoro nascosto o qualche risposta.
Volevano entrare ed esplorarlo.
Aveva preso di nascosto il grosso mazzo di chiavi, che il nonno custodiva nella sua bottega. Chiavi forgiate da lui stesso, che aprivano chissà quanti mondi.
Erano grandi, di ferro, dall’aspetto imponente. Più o meno lunghe, tutte pesanti, tenute insieme da un grosso anello.
Sandy era certa che l’adorato nonno avesse portato la sua arte fin lassù o che la bellezza di quelle chiavi potesse compiere la magia di far girare quella serratura, chiusa da anni.
Una, tra tante, sarebbe stata quella giusta, capace di aprirla.
Eccole tutte e tre in bicicletta, zaino in spalla, preparato con cura. Acqua, merenda, quaderno, carta, penna, coperta e torcia.
Si sentivano tre giovani amazzoni che cavalcavano il proprio destriero con disinvoltura ed esperienza, pronte ad affrontare la foresta piena di impervi pericoli e sorprendenti verità, rimaste celate per troppo tempo.
Non è bellezza anche questo? La purezza della fantasia di un essere umano, che nell’adolescenza assume forme meno surreali e più aderenti alla realtà, ma non per questo meno sorprendenti?! Splendore che si cela dietro l’assoluta ingenuità.
E’ così sottile la linea di confine dei due mondi, quello del bambino e quello dell’adulto.
Il disincanto abita in noi e si affaccia all’improvviso, per un evento inatteso o per farci fare il grande salto e buttarci nella vita “dei grandi”.

A volte aveva sentito una vocina parlarle dal profondo. La invitava a ribellarsi, a farsi vedere e sentire, ma non era mai riuscita ad attirare l’attenzione su di sé, per poter essere seriamente ascoltata. E la solitudine era cresciuta insieme a lei.
Quel giorno credeva che quell’avventura sarebbe stata per lei un’occasione di riscatto e che avrebbe dimostrato il suo valore e il suo coraggio. Voleva far sapere a sua madre che non era più una bambina, che il suo mondo non era più solo gioco e fantasia, lucciole e favole, ma che era cresciuta e voleva fortemente qualcosa di diverso.
Dopo aver pedalato per un’ora circa, lasciato alle spalle Castagneto e attraversata la valle, giunsero accaldate al casolare.
Lasciarono le biciclette vicino al grande cespuglio di more e avanzarono prudenti ed emozionate verso il portone. Non erano mai state così tanto vicine a quell’entrata. Non avevano neanche mai notato che c’era un grande cancello che la circondava, quasi completamente ricoperto dalla siepe.

Paura, esitazione, curiosità….si guardarono negli occhi, erano pronte…
Sandy frugò nella sacca e prese tutte le chiavi.
Una avrebbe aperto quel passaggio…il portone si sarebbe aperto, rivelando loro qualcosa di
meraviglioso.