Tutti i genitori di bambini piccoli, quando si avvicina il Natale, si trovano a  fare i conti con un dilemma, e cioè : “Fino a che età è normale che mio figlio creda a Babbo Natale? È opportuno  mettere in piedi anche quest’anno la messinscena del magico arrivo dei regali, o sarebbe meglio smettere? E come gestire la scoperta che il vecchio barbuto di rosso vestito esiste solo nella fantasia?”

Alcune ricerche sui benefici (o i danni) del credere a Babbo Natale possono aiutare in questa decisione.

Per prima cosa sembra che non ci sia pericolo di far diventare i propri figli dei creduloni. Al contrario di quanto si pensava fino a non molto tempo fa, perfino i bambini molto piccoli sono ben capaci di distinguere tra immaginazione e realtà. «Quando i bambini “fanno finta di”, esercitano una capacità cruciale da un punto di vista evolutivo: quella di figurarsi modi alternativi in cui la realtà potrebbe essere» sostiene  Alison Gopnik, autorevole psicologa che si occupa di sviluppo cognitivo infantile.  

È un utile esercizio per allenare le capacità di ragionamento controfattuale. Insomma, cercare di capire  come Babbo Natale possa in una sola notte consegnare i regali in tutto il mondo o scendere con il suo pancione dalla stretta cappa del camino, sarebbe lo stesso tipo di immaginazione richiesta per trovare la soluzione di un problema scientifico.

Gran parte delle ricerche sostiene che credere a Babbo Natale, come a molte altre creature fantastiche, sia una fase normale dello sviluppo cognitivo. Rispetto a quale sia l’età giusta per raccontare la verità risulta che fino a cinque anni, di solito i bambini credono incondizionatamente a Babbo Natale. A sette sono in molti a dubitare, a nove non ci crede quasi più nessuno.

Ma, al contrario di quanto si tende a pensare, la rivelazione non arriva in modo improvviso. Anche quel che ha l’apparenza di un drammatico incidente, per esempio papà o mamma colti nottetempo in flagranza di reato a piazzare i regali sotto l’albero, di solito è solo la conferma di un sospetto precedente. Se il bambino non è ancora arrivato all’età giusta, è possibile che neppure un’evidenza del genere faccia crollare la sua fede.

Nella maggior parte dei casi i bambini arrivano alla scoperta da soli e la maggior parte esprime sentimenti positivi dopo la rivelazione. O, se piccolo dramma avviene, è  comunque di breve durata. A riportare sentimenti nostalgia e tristezza sono invece i genitori che hanno un ruolo chiave: quanto il figlio ci crede dipende anche da quanto loro stessi hanno investito nella fantasticheria e quanto sono elaborate le storie che raccontano.

Che sia per “dissonanza” (si riconosce l’elastico che regge la barba finta, o le scarpe del papà travestito da Babbo Natale), per i dubbi instillati dai compagni di scuola più grandi che ci sono già arrivati, o perché il mito a un certo punto presenta troppe incoerenze, per ogni bambino a un certo punto viene il momento di fare due più due.

Quando si colgono segnali che l’ora è giunta, meglio secondo gli psicologi non fare “rivelazioni” (a meno di non dover rispondere a domanda diretta) ma lasciare che la verità venga scoperta gradualmente dai bambini stessi … magari smettendo di camuffare la calligrafia sui biglietti lasciati da Babbo Natale, o seminando qualche indizio utile alla loro indagine. Se ci arrivano da soli, sarà per loro un piccolo traguardo, un benvenuto nel mondo dei grandi. E potranno sempre consolarsi dando una mano ad allestire la messa in scena di Babbo Natale.