“…in quell’incanto di guizzi coloratissimi e brillanti, tra pappagalli e pesci, tutto d’un tratto inziò una specie di richiamo all’ordine.

Buck sapeva che era arrivato il giorno più importante della sua piccola vita e il compimento della sua missione.
Il bambino si avvicinò alla riva , fino ad avere gli stivali affondati nella sabbia del bagnasciuga e l’acqua alle caviglie.

Sapeva di essere osservato da Nena , che era rimasta vicina ad un albero, incantata da quello spettacolo. Ma la sua presenza lo rassicurava, era un flusso di amore e di energia, per lui necessaria.
Tutti gli uccelli si misero in formazione, i più grandi sui lunghi rami protesi sull’ acqua, mentre i più piccoli iniziarono a volare in circolo sempre più velocemente, al punto che non si distinguevano più e la loro giostra era diventata  un anello verde brillante che irradiava una luce intensissima.
Qualcosa di molto simile stava accadendo nell’azzurro e profondo lago.
I pesci nuotavano in cerchio velocissimi , fino a creare un mulinello.
Buck attendeva paziente. Era tanto che aspettava quel momento.
Nei suoi pochi anni di vita aveva capito che esisteva un unico e potente flusso di energia, che poteva essere percepito da tutti, che si traduceva in un linguaggio comprensibile e universale, l’ Amore. “

La piccola Nena non riusciva a prender sonno, era curiosa, voleva ascoltare quella favola, per conoscerne il finale.
Lavì lo conosceva bene e non poteva far mancare il “ vissero tutti felici e contenti “.
Quanta vita si celava dentro quel racconto e quante verità custodiva in sé.
Era la storia di un profondo legame, uno dei più indissolubili nella vita di una persona.

Voleva ricordare chi si era perso e chi aveva ritrovato la strada maestra, chi aveva versato lacrime e aveva subìto offese, ma che, nonostante tutto non aveva mai smesso di camminare  a testa alta, andando sempre verso un’unica direzione….l’Amore.

“…Buck era stato lasciato un giorno di primavera sulle rive del lago  e affidato alla natura, quel bambino possedeva tutta l’energia, la sensibilità e la forza di cui aveva bisogno.
Conosceva ogni angolo più nascosto di quel luogo, che gli offriva sicurezza, protezione, cibo.

La sera guardava la luna, parlava con gli astri e si arrampicava sul grande albero, nel cui tronco era nascosta la sua culla e là si ritirava per la notte.
Parlava con il vento e con la sua mamma. Voleva compiacerla e mandarle la forza di cui aveva bisogno.

Sapeva aspettare, conosceva meglio di lei il dono tempo e della pazienza, dell’accettazione e del perdono.

Solo quando tutto sarebbe maturato avrebbe ricevuto i segnali che lo avrebbero condotto al termine della sua missione, per abbracciarne un’altra, in una forma completamente diversa, in cui non sarebbe stato solo, ma in due, mano nella mano, l’uno il riparo dell’altro.
Nena catturò lo sguardo di Buck che le fece cenno di avvicinarsi a lui.
La piccola esitò un momento poi gli corse incontro, curiosa, con il cuore che le batteva forte.
Lui le tese la mano e le fece cenno di guardare il lago.
Il mulinello era ormai perfettamente disegnato sulle acque e scendeva sempre più giù, verso il fondo.
I pesci continuavano a nuotare velocissimi.

I pappagalli volavano in cerchio e la luce che emanavano si rifletteva concentrica su quell’ anello disegnato nell’acqua.
Sembrava che tutta quell’energia si stesse fondendo in un indistinto, ma unico elemento, la cui essenza poteva essere acqua, vapore, calore….
Poi si alzò un vento fortissimo e i due bambini, che erano vicino la riva sentirono gli spruzzi bagnare i loro visi.
Indietreggiarono tenendosi sempre per mano.
Ed ecco che accadde ciò che Buck stava aspettando….
Dalla gola del mulinello si diffuse un raggio di luce potentissimo, le acque si gonfiarono e guizzò fuori, velocissimo e splendente, un uccello immenso, che sprigionava luminosità e calore.
Buck sorrise emozionato.
Nena era incantata di fronte a tale maestosità.

Era gigantesco, con le ali che parevano infuocate, in parte oro e in parte porpora.
Assomigliava a un’aquila, dal piumaggio di uno splendido colore, il collo dorato, le piume del corpo rosse, la coda azzurra con penne rosee.
Due lunghe piume scivolavano morbidamente giù dal capo, una rosa  ed una azzurra e tre, più lunghe, pendevano dalla coda.
Era la FENICE, chiamato anche “uccello di fuoco”, la cui leggenda raccontava che sapeva controllarlo e poteva rinascere, dopo la morte, dalle sue stesse ceneri.
Questa spiccò il volo e tutti gli animali interruppero la loro danza, si fermarono riverenti e silenziosi.
Volteggiò nell’aria, diffondendo energia e amore…
Buck la conosceva.
Quella meravigliosa creatura scese in picchiata e si fermò sospesa di fronte ai due bambini e sorrise.
I piccoli erano immobili ed estasiati.
La mitica Fenice li fissava e ad ogni battito d’ali diventava sempre più luminosa.
Buck e Nena socchiusero gli occhi, strizzandoli, per il forte bagliore, fino a chiuderli, non potendolo più sostenere.
Fu proprio in quell’attimo di vita che quando li riaprirono, si trovarono di fronte una donna bellissima, dai lunghi capelli bruni, la pelle bianca, il volto disteso e sorridente con profondi occhi scuri che brillavano.

 

Spalancò le braccia e Buck le corse incontro e si persero in un commovente abbraccio.
Era la sua mamma che aveva affidato il suo bambino alla natura e all’Amore puro ed ora erano pronti a camminare insieme, in una rinascita, in un rinnovamento della loro esistenza.
Lei tese la mano verso quella di Nena.
La bambina era stata spettatrice di quel miracolo e, al contempo, elemento indispensabile affinchè tutto ciò accadesse. Infatti quei bambini erano l’uno la parte complementare dell’altro e solo insieme ,i due, potevano sprigionare la loro più intima e pure energia.
Buck e Nena avevano compiuto un atto di fiducia e abbandono a quelle acque.
E ancora una volta l’Amore assoluto aveva  dato sicurezza e protezione a chi l’aveva cercato.
Nena, Buck e la sua mamma fecero il magico viaggio di ritorno, cullati dalla polvere di stelle.
Ognuno aveva fatto rientro nella sua casa e ora dormiva sereno. “

Nena, durante il racconto, era caduta in sonno profondo, con il visino affondato nel cuscino e il sorriso disegnato sulle labbra.  Lavì, vicino a lei,  l’ammirava incantata.
Quando la bambina si svegliò cercò subito la sua mamma.
“Amore buongiorno!”
“ Sono tornata a casa! E anche Buck con la sua mamma!” esclamò Nena.
“Lo so!” riprese Lavì
“ … e il grande lago? “ domandò la bambina.
“Il grande lago della vita, amore mio, è sempre là, dietro le cime di quella montagna ghiacciata.
Ci potrai andare tutte le volte che vorrai, lo potrai sognare e visitare.
E, se presterai la giusta attenzione, potrai sentire il suono delle sue acque e il cinguettio dei suo abitanti.”
Nena era concentratissima e chiese “… la Fenice ? “
“La Fenice sei tu, mia piccola guerriera, sono io, lo è tua sorella!
Ognuno di noi può camminare con se stesso, non abbandonando mai i propri sogni e ricordando sempre che la rinascita è dentro tutti noi, piccoli e grandi esseri umani.
Solo rinnovandoci possiamo crescere e continuare a camminare, diventando più forti e migliori.”

A MIA SORELLA – La Fenice

Nel mio inno alla vita e all’Amore ci sei tu, mia amata sorella !
Dono inatteso e forse immeritato che la vita mi ha regalato.
Forza e silenzio, equilibrio e ragione, saggezza ed empatia.

“….la fenice vola lontano, avanti a noi, osservando con occhi acuti il paesaggio circostante e lo spazio distante.
Rappresenta la nostra capacità visiva, di raccogliere informazioni sensorie sull’ambiente che ci circonda e sugli eventi che si dipanano al suo interno.
La fenice, con la sua bellezza assoluta, crea un’incredibile esaltazione unita al sogno dell’ immortalità. “
(The Feng Shui Handbook, feng shui Master Lam Kam Chuen – Cina )