Quando si inizia un percorso di psicoterapia lo psicologo sa bene che molte difficoltà o cosiddette “nevrosi” del paziente dipendono dalla mancata chiusura di un ciclo. La non chiusura dei cicli è spesso la causa inespressa di svariate tipologie di malessere che se non adeguatamente affrontate si possono trasformare in patologie psicologiche croniche. 

Questo perché ci sono fasi, nella vita, che sono fasi di pulizia, di passaggio. Sono momenti nei quali, più o meno improvvisamente, ci si stanca di qualche automatismo e si inizia a scremare ciò che si ha intorno. Questi momenti di passaggio possono concretizzarsi in infinite tipologie di cambiamenti: possono riguardare il fare “pulizia” tra gli amici, lo stancarsi di rincorrere alcune categorie di donne o di uomini, il decidere di non correre più dietro a lavori che non ci soddisfano o non ci danno ciò che cerchiamo… E così via.

Tendenzialmente sono fasi difficili e molto impattanti dal punto di vista emotivo, perché direzionare le vele per cambiare rotta non è mai facile. 

Queste fasi di passaggio richiedono l’utilizzo di abilità sempre complesse per l’essere umano: per nostra natura non amiamo stringere il cerchio e ci spaventa molto lasciare andare o rinunciare a qualcosa.

Per quanto appaia evidentemente malsano preferiamo tenere stretto qualcosa che ci fa male ma che conosciamo piuttosto che fare spazio a qualcosa di nuovo ma sconosciuto.

Eppure, con tutte le difficoltà che le contraddistinguono, queste fasi sono importantissime: sono snodi, cambi di direzione, aggiustamenti di percorso, che, se accolti, andranno a sbloccare meccanismi malsani e velenosi che venivano portati avanti da chissà quanto tempo. Queste fasi fanno paura, rappresentano l’ignoto, il cambiamento, l’incerto.

Ma questi momenti di passaggio sono prima di tutto grandi opportunità. E’ la nostra anima che ci parla, che cerca di dirci qualcosa di importante, cerca di farci capire che lasciare andare qualcosa, significa sempre fare spazio a qualcos’altro. E chissà che quel qualcos’altro non possa essere decisamente meglio! D’altronde solo da qualcosa che muore è possibile far nascere qualcosa di nuovo. Impariamo a chiudere i cicli, a togliere la polvere e chiudere le porte, perché se ne possano aprire altre. I passaggi chiave sono tre: sfogare il dolore, esorcizzare gli “e se” e andare avanti… Andare oltre. Per smettere di essere ciò che si era e diventare, finalmente, ciò che si è e si sarà!

Bisogna chiudere i cicli, non per orgoglio, per incapacità o per superbia:
semplicemente perché quella cosa esula ormai dalla nostra vita. È solo quando davvero si è chiusa una porta che è possibile guardare avanti e aprirne un’altra.