La letteratura psicologica del secolo scorso si è quasi sempre soffermata molto più sulla relazione madre- bambino piuttosto che al sistema triadico madre-padre–bambino. Tanto meno si è interessata alla esclusiva relazione padre –figlio. Gli studi moderni, invece, rivalutano il ruolo del padre sin dalla nascita (talora perfino durante la gestazione ), giacché il padre influenza il clima familiare e incide sul benessere psicologico della madre.
In merito è riconosciuto il ruolo del padre nella fase di allattamento in quanto è lui che conferisce per primo sostegno emotivo alla propria compagna e contribuisce ad un clima familiare armonioso e propizio per un accudimento positivo (Del Lungo, Pontalti, 1986).
Il padre non è semplicemente la luce che illumina la diade madre-bambino ma è, assieme a loro, l’essenza di un quadro in cui ogni singola parte ha senso solo in relazione alle altre.
E’ interessante domandarsi se esista un istinto paterno pari a quello materno o se la paternità sia un apprendimento successivo che insorge con la genitorialità e che si acquisisce con la cultura di appartenenza.
Secondo alcune ricerche la paternità è un potenziale presente sul piano istintuale che risente e viene modellato dagli aspetti culturali.
Nei primi anni di vita del bambino, ma non solo, il padre riveste un’importantissima funzione: sostiene e in parte determina la relazione madre-bambino proprio grazie al suo modo di essere presente nella famiglia, con questa funzione egli regola la distanza nel rapporto madre-figlio. Potremmo definirlo il regolatore della relazione empatica, è il primo “altro” percepito dal bambino (Fivaz-Depeursinge, Corboz-Warney, 2000).
Se non accade tale separazione, il figlio conserva l’assenza di limiti con l’altro, perde o non acquista l’individualità, resta nella fusione (Harris,2002). Se il padre esplica la sua funzione di forza e di legge, il figlio acquisisce una sua individualità e si separa senza traumi dal mondo materno raggiungendo una sintesi tra padre e madre che Fromm definisce ” la base della salute mentale e della conquista della maturità.
Ciò permette il ritorno alla madre senza pericolo. Lo stesso Freud (1924) teorizza l’ingresso del padre nella relazione con il figlio solo attorno ai tre o quattro anni di vita: egli entra veramente nel triangolo relazionale, con una funzione di rivalità solo in epoca edipica. La crisi edipica non potrebbe essere superata senza la proibizione che è nel rivale paterno .Durante l’adolescenza si ripete la stessa intromissione che ha permesso l’avvio di un processo di individualizzazione del bambino e ha gettato le basi delle future relazioni interpersonali (padre come altro da sè e dalla madre).
Inizialmente il padre viene sentito come rivale, poi si determina un’idealizzazione di sè, trae materia dal genitore dello stesso sesso che raffigura il “modello”(Quilici, 1998). L’adolescente maschio nega l’attrazione verso la madre (fase di latenza-genitale) ed emerge ostilità, spesso espressa, verso il genitore dello stesso sesso. Il ragazzo è fiero della sua virilità perchè deve passare da una rottura dilaniante di una rinuncia della madre e identificazione all’immagine virile. In questa fase il padre è importante per una sana identificazione sessuale del figlio e introspezione strutturale del Super-Io che scaturisce da un’identificazione con la figura del padre, inibitoria e odiata, ma anche ammirata e invidiata. Il bambino si identifica con colui che può dispensargli il maggior numero di gratificazioni e punizioni, ossia colui che più di frequente influenza il suo comportamento (Risè, Bonvecchio, 2004).
Il padre serve come modello di aggressività per il figlio, è modello strumentale poichè serve a far si che il figlio si inserisca nella società e la possa controllare. Il padre trasmette al figlio i valori della società e promuove la consapevolezza. Ha un ruolo guida per quanto riguarda l’autorità sia per come “presenta” al figlio le varie “autorità” che incontrerà nel suo cammino, ma anche dal modo in cui egli stesso si pone al figlio come autorità potrà dipendere la socialità del figlio. Una relazione positiva tra i due può favorire la sicurezza del ragazzo nelle relazioni con l’altro sesso (Rudolph Schaffer,1998).
Un padre assente, a livello psicologico produce nella personalità del figlio una lacerazione del proprio sentimento di appartenenza e un vuoto nei processi di identificazione così necessari per maturare. L’assenza della figura paterna determina il costituirsi di un eterno adolescente in perenne ricerca di rassicurazioni narcisistiche per la sua esistenza, carente proprio sul piano maschile e paterno. Da ciò, si deduce una certa emergenza nell’affrontare questioni delicate, sulla presenza e importanza della figura paterna, che non possono più esser prese con superficialità e banalità, ma al contrario, l’auspicio è che si diffonda una nuova cultura del paterno –infantile, diventando oggetto di studio a pieno titolo nelle teorie e nei modelli di età evolutiva, e che sia riconosciuto nei servizi di cura per l’infanzia, che non possono esser definiti più materno –infantile.