Vi ricordate lo scandalo dei certificati COVID falsi? La clinica che effettuava test Covid primo senza l’autorizzazione del ministero della salute, secondo facendoli pagare ai pazienti quando invece dovevano essere gratis perchè finanziati dal ministero e terzo dichiarando risultati a caso perchè in realtà non avevano le competenze tecniche per analizzare i test? Il proprietario della clinica in questione è tutt’ora in prigione in attesa di processo ma forse, conoscendo il paese e i Bengalesi, verrà fatto uscire dalla porta di servizio quando ormai nessuno si ricorderà più di lui.
Scandalo che va, scandalo che viene. Ora è la volta dei siti di shopping online. Truffe per decine di milioni di Euro ai danni di migliaia di bengalesi creduloni pronti a sborsare qualche migliaio di Euro per comprare moto, macchine, elettrodomestici, ecc. online scontati anche fino al 50% e che non sarebbero arrivati mai. Siti che già operavano da qualche tempo sull’onda di Amazon, Asos, ecc. ma che con lo scoppio della pandemia e approfittando di regimi normativi non ancora ben regolamentati dal governo hanno fatto affari d’oro.
Avrebbero fatto affari d’oro comunque anche senza ricorrere a truffe ma l’ingordigia di diventare ricchi subito, la possibilità, data dal governo, di reinvestire soldi illeciti in attività produttive e magari l’alternativa di vendere il marchio all’estero o poter dichiarare bancarotta e scappare all’estero con il bottino alla fine non sono serviti a nulla.
Il principio dietro la truffa è semplice. Avendo meno costi di un negozio normale, sono in grado di comprare grandi quantità di prodotti offrendoli poi online a prezzo scontato; migliaia di persone abboccano, le prime consegne vengono fatte regolarmente alla scadenza pattuita, sempre più gente ci crede e ordina. Fiutando a loro volta la possibilità di fare soldi, alcuni investivano i propri risparmi per comprare sui siti online con lo sconto per poi rivendere ad amici e parenti a prezzo normale. C’è chi ha investito anche l’equivalente 40-50 mila euro per merce che poi non è mai arrivata.
Una serie di denunce di investitori ingannati ha fatto cadere il castello di carta e ora a uno a uno i proprietari di questi siti online si trovano sotto inchiesta o addirittura già in prigione con accusa di truffa.
Il primo a cadere il proprietario del sito Evaly. Il sito aveva cominciato ad essere operativo a dicembre 2018. In due anni e mezzo circa di attività contava circa 5 milioni di clienti, dava lavoro a 2000 persone fisse e 1700 a contratto. Il proprietario e la moglie viaggiavano in Range Rover e Audi e prendevano o meglio si davano uno stipendio di 5000 Euro ciascuno al mese. Sponsorizzavano eventi sportivi, spettacoli e continuavano a offrire sconti assurdi con i soldi delle persone che pensavano di avere pagato la merce da loro ordinata.
Al momento dell’arresto avevano accumulato un passivo di 100 milioni di Euro, debiti verso i rifornitori per 40 milioni di euro senza avere mai avuto un piano di investimento vero e proprio o una strategia di uscita dai guai finanziari.
Cifre queste che fanno rabbrividere in un paese dove un salario medio è forse pari a 500 Euro.
E forse il problema sta proprio qui. Chi di solito cade in questi raggiri sono o le persone povere, che non riescono a soddisfare nemmeno i parametri minimi per entrare negli schemi di investimento ufficiali offerti per esempio dal governo, o quelle ultraricche per le quali perdere qualche migliaio di euro non costa niente se non solo la rabbia per essere stati truffati.





