“Shams al-Din Mohammad Shirazi, meglio noto con il pseudonimo poetico “Hafez”, ovvero colui che conosce a memoria (il Corano), nacque a Shiraz, capitale del Fars (Persia sud-occidentale) tra il 1315 e il 1321, e ivi si spense nel 1389 o nel 1390.” Con queste parole Stefano Pellò cominicia la biografia nel suo libro “Hafez-Ottanta Canzoni”. Quando ho preso in prestito questo libro, ho apprezzato molto le traduzioni in italiano che mi sembravano potessero trasmettere il senso dei versi persiani; quindi ho deciso di condividerne con voi una piccola parte sperando di potervi introdurre a un pezzo molto importante dalla letteratura iraniana.
Hafez nel suo tempo fu un poeta conosciuto che frenquentava le corti reali. Compose circa cinquecento ghazal e poche altre poesie. La raccolta di queste poesie, Divan, venne raccolto e pubblicato dopo la sua morte.
Che cosa è un ghazal ? Riporto un altro brano dal libro di Pellò che lo spiega esplicitamente: “Il ghazal è una sorta di sonetto lungo in media dai sette ai dieci versi sintatticamente indipendenti e suddivisi in due emistichi prosodicamente paralleli; la rima si trova alla fine del secondo emistichio di ogni verso con l’eccezione del primo, dove i due emistichi rimano fra loro… In chiusura, di solito nell’ultimo distico, si trova la firma dell’autore, ovvero il suo pseudonimo poetico”. Secondo me le rime di questa forma sono perfette per le poesie amorose.
Hafez fu un mistico, conosceva molto bene la letteratura e le scienze del suo tempo e di quelli precedenti, le sue poesie è come se comprendessero tutti i segreti e desideri della gente; proprio per questo effetto, chi lo legge può trovare la pace e tranquilità tra i suoi versi. Inoltre si crede che lui possa parlare tramitte i suoi ghazal e che ognuno possa trovare le risposte che cerca: se chiudi gli occhi, esprimi un desiderio e dici: “Hafez, tu che conosci ogni segreto, in nome di Dio ti chiedo, mi riveli tutto ciò che credi sia un bene per me, ed esaurisci il mio desiderio”. Io ho provato e il risultato lo sentite nella traccia in persiano e lo leggete in italiano preso dal libro “Hafez-Ottanta Canzoni”:
la tua bellezza, un baleno nell’attimo eterno, in principio,
e l’amore che apparve fu fuoco che avvolse la terra di vampe.
Si manifestava il tuo volto, vedeva che l’angelo è privo d’amore,
e fu una vampa d’orgoglio furente che all’uomo s’apprese.
Voleva farne lanterna, inteletto, di fiamme sì alte,
ma furono lampi abbaglianti, e sconvolsero il mondo.
Un tracotante cercò d’introdursi, tentò d’osservare il mistero,
ma una mano invisibile venne e lo spinse lontano.
Altri ottennero in sorte letizia di vita:
fu il nostro cuore nel pianto che ottenne, qual sorte, dolore.
E fu per passione del doce tuo mento tornito che prese
Lo Spirito Santo a molcire i tuoi riccioli, anello su anello.
Il poeta scriveva il tuo libro gioioso d’amore,
nel giorno che fu cancellato gioioso tripudio dal petto.