Decidiamo di andare a Yanqing, una delle due località dove si stanno svolgendo le gare di sci alpino e dove si trova l’impianto del bob.
Solita procedura: saliamo a bordo del nostro taxi per raggiungere la stazione dei treni. C’è un po’ di traffico e la nostra vettura si muove lentamente fino a fermarsi. La temperatura nell’abitacolo è un po’ alta. Non si respira e c’è un forte odore di disinfettante. Il tassista ci è andato giù pesante con la sanificazione dell’auto. Apro leggermente il finestrino ma il tassista lo richiude velocemente. Ci spiega che il protocollo anti Covid non permette l’apertura dei finestrini se la macchina è ferma al semaforo. Dopo circa venti minuti siamo alla stazione. Anche qui il nostro percorso è obbligato e delimitato da grandi vetrate di plexiglass. Siamo inscatolati come sempre, mentre la vita della città continua il suo corso, al di là dei pannelli trasparenti. Si fanno i controlli e si sale a bordo del treno ad alta velocità che impiegherà circa 25 minuti per arrivare a Yanqing. Per essere più chiari il treno che ci accoglie è solo per i viaggiatori olimpici. In pratica il treno è tutto per i giornalisti. I sedili sono rivestiti di moquette e sono abbastanza scomodi. Il design della seconda classe lascia un pochino a desiderare. La business è qualcosa invece di avveneristico ma non è per noi. Dopo il cambio di due pullmann e due fermate di cabinovia arriviamo finalmente sulla cima.

O meglio all’arrivo della pista ” Rock” su cui gli atleti stanno disputando le gare di sci. Per la prima volta, dal 31 gennaio, giorno del mio arrivo a Pechino, sono all’aria aperta ma sempre con la mascherina. Se la togli, si viene subito invitati a rimetterla. Qualcuno, a volto scoperto, – mi dicono- è stato addirittura immortalato con una foto che, spedita al mittente o alla propria testata, è un richiamo formale all’azienda per cui lavora, per il comportamento indisciplinato e contro il regolamento sanitario che ognuno di noi ha accettato fin dall’inizio per partecipare alle Olimpiadi. Andiamo al centro stampa, un prefabbricato in lamiera e temporaneo. L’interno è una replica in miniatura di quello di Pechino: tante postazioni separate da pannelli di plastica e una piccola zona per la pausa caffè. Sul tavolo snack olimpici salati, merendine, caffè solubile, noodles in scatola e l’immancabile boccione di acqua che può essere fredda oppure calda. E’ molto comune bere acqua calda in Cina durante la giornata ma c’è anche chi preferisce aromatizzarla con l’immancabile tè verde. Non usano lo zucchero. Mi sto abituando a farne a meno. Il colpo d’occhio dell’insieme è surreale. Tutto intorno uno scenario montuoso con speroni rocciosi e pareti ingabbiate da reti metalliche per evitare che frammenti di pietra vengano scalzati in aria dal vento che qui è molto potente. La stranezza è il panorama brullo. Non c’è neve. Quella della pista è sparata da macchine made in Italy. Volano critiche al Comitato olimpico cinese: la neve artificiale ghiaccia facilmente e rende le piste ancora più difficili. Ma il problema si risolve con la bella e inaspettata nevicata che da ieri ricopre Pechino, Yanging e Zhangjiakou,( l’altra località montana prescelta per le gare dello sci nordico). Vi lascio al filmato girato prima della neve e allora tutti in carrozza fino a Yanqing coperta dall’insolito manto nevoso mandato dal cielo.