”Giù la maschera Covid-19” è il titolo dell’articolo de il venerdì di Repubblica, anticipato dalla copertina con una foto di Bernard-Henry Levy allo specchio. Il filosofo e giornalista engagé più famoso di Francia si presenta come l’antivirus e nel suo ultimo libro, “Il virus che rende folli”, mette nero su bianco un’arguta riflessione su come questa pandemia abbia stravolto tutto: la salute, l’economia, la nostra libertà! Si è diffusa quella che lui chiama “la prima paura mondiale”.
Per la prima volta l’umanità tutta, in ogni angolo del mondo, ha avuto paura della stessa cosa e nello stesso momento. Senza togliere nulla agli “eroi quotidiani” negli ospedali, agli infermieri che Levy giudica “ammirevoli”, molti medici sono diventati i nuovi oracoli della contemporaneità. Il virus – spiega Levy- ha “sanitarizzato” la società e in molti sono finiti nella trappola della religiosità laica, dando una lettura provvidenziale del virus che è stato castigo e catarsi per le colpe degli uomini.
Riporto un passaggio del libro: “I virus sono stupidi; i virus sono ciechi” e non c’è “nessuna lezione sociale” nel confinamento, nell’isolamento, nella vita che è solo vita. Per Levy, “se la vita non tende verso qualcos’altro, se non aspira alla grande vita, se non apre i portelli del corpo all’intelligenza degli altri e delle cose, non merita più di essere chiamata vita!”. Questa epidemia sarà ricordata perché il virus ha offuscato tutto il resto. Hanno smesso di esistere i migranti, il riscaldamento globale, la guerra. Ci sono state solo le mascherine, i gel idroalcolici, i test sierologici, l’autocertificazione e le passeggiate con i cani come fuga momentanea dalla prigionia. Ma il pianeta – è questo l’inganno- ha continuato a girare e gira ancora.
Il Coronavirus diventa il re del “mundus ordinato”, senza macchia, immacolato. Igienizzato e “sanatizzato”. E in questa lunga lista di aggettivi, c’è quella disperata e rabbiosa fame di vita che ci fa guardare oltre. Più in là.



