Una sera come tante. Una sera diversa dalle altre. Scorgo in lontananza la cinta muraria del castello di Harcourt che si interrompe in un punto. Le braccia nodose delle conifere si insinuano nella mia proprietà. C’è una contaminazione di roccia e vegetazione erbosa. Pietra e verde nella terra di Normandia. La terra di mio padre e di mia nonna. La terra del mio sangue e della mia discendenza. Ho fatto un lungo viaggio per tornare a casa. Sono morta e rinata. Sono tornata nella dimora delle creature del bosco, che sento così familiare. Io credo nelle cose non dette, credo nell’intuito, nella forza viscerale delle passioni e delle pulsioni. Io credo nel chiaroscuro. Amo la penombra che rende possibili le cose impossibili. Credo nelle streghe. Conosco la mia forza che è anche la mia debolezza. Ho studiato. Sono diventata un medico.

Una brava psicoanalista con centinaia di pubblicazioni. Una guaritrice della mente. Un’indovina delle paure che toglie la maschera agli incubi più atroci. Da sempre esercito il controllo degli istinti per allontanare la rabbia. Quando non ci riesco, dico bugie. E la gente mi crede. Ero una bambina quando ho scoperto fin dove posso spingermi. E quel giorno ho detto la mia prima bugia. E’ stata la prima di tante. La verità è che posso uccidere con la forza della mia mente. La prima volta l’ho fatto con il ragazzino con i denti di ferro che cercavano la mia carne. Gli ho tolto il respiro e l’ho consegnato alla morte. E’ questo il segreto che oggi nascondo dietro le mura del castello delle streghe della contea di Harcourt, nell’alta Normandia.

Sono tornata a casa con un cane nero e una neonata tra le braccia. Khalù e Chloè. Entrambi sono la mia espiazione e la mia redenzione. Khalù è il mio fedele e saggio compagno di vita. Un incontro salvifico della mia precedente vita. Chloè non è mia figlia ma ho deciso di crescerla. Non siamo una famiglia. Siamo una triade. Come il triskel che porto sul viso. I tre nei che mi ricordano che sono una figlia del bosco. E il triskel è la femminilità. Amo perdermi nella foresta dei lupi che chiamo uno a uno, nelle notti di luna piena. E al centro del branco, con il cane nero ai miei piedi, ripeto gli antichi rituali per conservare la memoria del mio matriarcato e quella della prima signora di Harcourt, la fata Meridiana, consigliera di Gerberto d’Aurillac che salì al trono pontificio con il nome di Silvestro II. Per tutti il Papa mago. Per me il Papa che salvò la mia stirpe dal fuoco e dalla gogna. Il patto con la mia antenata Meridiana, nato dal ventre di quella terra benedetta da Dio e insaguinata dalla spada, ha fatto di me l’ultima erede del castello di Harcourt. E il mio nome è Matilde.