Due giorni di terrore. Due giorni di sangue.
Affiorano brutali storie di esecuzioni di ostaggi, costretti a ripetere il corano. Chi non lo sa, viene ucciso. Sessantasette morti e 175 feriti nel massacro al centro commerciale di Westgate, Mall a Nairobi, in Kenya, nel settembre 2013.
Un assalto rivendicato dalle milizie somale di Al-Shabaab, legate ad Al-Qaeda, i talebani della Somalia.
L’attentato terroristico più sanguinoso, dopo l’attacco all’ambasciata americana della capitale keniota nel 1998. I ribelli fanno fuoco sui civili. Il centro commerciale, simbolo del capitalismo occidentale, viene scelto dal gruppo armato per colpire il cuore istituzionale del Paese. Ricostruiamo i fatti con Rita Caparra, sopravvissuta all’assalto del West Gate.
Quando sono arrivate le prime raffiche di mitra, lei è al secondo piano dell’edificio. E’ rimasta per ore incollata al pavimento, nascosta in un camerino insieme ad altri ostaggi. L’ho raggiunta al telefono, alla vigilia del suo ritorno in Africa, dove da anni fa attività di volontariato come fisioterapista per l’Istituto Missionari della Consolata. Non ha mai smesso, neppure dopo l’esperienza del West Gate. Rita, in lingua swahili, Nyawira, cioè colei che lavora e opera in terra di missione. Un desiderio nato in lei, da bambina.



