Dal punto di vista psicologico la maschera rappresenta un filtro tra la nostra coscienza individuale e l’esterno: coppia, famiglia, società. C’è una maschera dove c’è una relazione, un’interazione umana: solo quando siamo da soli non ne abbiamo bisogno.

Se ne siamo consapevoli, le maschere ci aiutano ad immedesimarci nei vari ruoli a cui la società ci chiama, ad agire e relazionarci nel nostro ambiente di vita. Quando è presente un sufficiente equilibrio emotivo e una adeguata conoscenza di sé, è possibile entrare ed uscire dalle varie maschere senza forzature ed in modo armonico, consapevoli in ogni momento di chi siamo, di come ci stiamo muovendo e dove stiamo andando. Le maschere diventano così strumenti al nostro servizio, arricchimento ed espressione della nostra personalità.
Al contrario, finché l’individuo non conosce se stesso non può riconoscere le maschere, ed è invece vissuto da esse. Quando manca un reale contatto con se stessi, con le proprie istanze ed aspirazioni, con i propri sentimenti, in assenza quindi di comprensione e di significato, l’individuo si incancrenisce in una sola modalità di espressione del proprio essere, diventa maschera, unica e arida. La persona che “diventa” il proprio corpo, il proprio ruolo sociale o familiare, il proprio lavoro, la propria missione, si identifica con la maschera in modo così totalizzante da dimenticare che sotto ci sia mai stato qualcosa.
E’ bene evidenziare come ci siano fasi della vita che “richiedono” una rigida, quasi dogmatica identificazione: pensiamo all’adolescente e alle sottoculture urbane alle quali sceglie di aderire, e dalle quali si fa definire e rappresentare. Dirsi ed essere Punk, Metal, Hip Hop, Squat, Dark, Emo piuttosto che Hipster per esempio, è frutto di un processo di separazione dai genitori, di esplorazione, e di individuazione: attraverso le sperimentazioni l’adolescente abbandona lentamente il concetto di sé costruito sull’opinione di madre e padre per sostituirlo ad una considerazione di se stesso derivata dai giudizi dei coetanei, ove è di fondamentale importanza il senso di appartenenza.

Mentre una rigida identificazione in una maschera è fisiologica nell’adolescente impegnato in un complesso compito evolutivo, così non è per l’adulto. Molti dei comuni disturbi di natura psicologica (per es. disturbi d’ansia, del comportante alimentare o della sfera sessuale, attacchi di panico, ipocondria, ecc.) hanno a che fare con la riduzione della gamma di espressioni del proprio essere, che l’individuo mette inconsapevolmente in atto nella speranza di evitare un conflitto interiore, prima che interpersonale. Non a caso uno degli scopi della psicoterapia è aiutare il paziente a costruire un’immagine diversa e più ricca di sé, e una più versatile personalità in grado di muoversi agevolmente nel teatro del quotidiano con i costumi che più sente propri. Gli sarà così possibile finalmente scrivere, e rappresentare, la sceneggiatura della sua vita: da comparsa a protagonista, da passivo a creativo, da cliché ad individuo unico ed irripetibile.



