Lo sport fa bene, e questo lo sanno tutti. Aiuta il nostro corpo ad avere benefici, delinea il nostro fisico e migliora la qualità della vita, permette di mantenerci sani dal punto di vista fisico, e ci aiuta a scaricare lo stress e le tensioni che quotidianamente accumuliamo.
Quando però l’allenamento inizia ad essere sempre più frequente, un pensiero fisso e ricorrente, quando ci si sente a disagio quando se si può praticare l’attività, probabilmente lo sport ha assunto caratteristiche disfunzionali. In questi casi lo sport non viene più considerato come un passatempo, non ci si allena più per uno scopo salutare; diventa un’ossessione, una vera e propria dipendenza, che in termini psicologici prende il nome di overtraining: ovvero sindrome da sport compulsivo
L’overtraining è un comportamento di eccesso che porta la persona ad avere un rapporto scorretto con lo sport; si caratterizza per la comparsa di crisi d’astinenza dopo 24/36 ore di mancata attività.
Proprio come accade con la dipendenza da sostanze o da gioco d’azzardo patologico, l’eccessivo sport può trasformarsi in una “droga”, i cui effetti agiscono sul cervello provocando piacere e rilassamento.
Quando pratichiamo sport, il nostro cervello produce sostanze come la dopamina e beta endorfine, sostanze che producono lo stesso effetto dei cannabinoidi, o oppiacei.
È proprio per questo che l’attività fisica crea dipendenza: il soggetto tende a ricercare continuamente quella sensazione di rilassatezza e piacere che solo lo sport è in grado di dargli.
Anche la dipendenza da sport presenta alcuni sintomi ben precisi: possiamo avere aspetti disfunzionali a livelli psicofisici e comportamentali, ad esempio, eccessiva fatica a concentrarsi nelle attività quotidiane a causa del pensiero ricorrente, orientato all’attività fisica.
Chi è dipendente dallo sport, poi, tende all’isolamento: preferiscono allenarsi in solitudine, in modo tale da avere mente e corpo completamente focalizzati sull’allenamento. L’isolamento però ha ricadute anche nel sociale; lo sport diventa progressivamente l’unico compagno nella vita di tutti giorni.
Grazie a studi condotti su individui dipendenti da sport, De La Torre (1995) individua 3 tipologie di soggetti che si rapportano in modo disfunzionale con l’attività sportiva:
- Sani nevrotici: Coloro che traggono benefici dall’attività fisica, accompagnato da un senso di appagamento e soddisfazione
- Sportivi compulsivi: L’attività sportiva è considerata una routine che permette al soggetto di avere un rapporto di controllo sulla propria quotidianità
- Dipendenti dallo sport: L’attività fisica è una sorta di medicina che cura il malessere e finisce per diventare dominante nella vita della persona.
In questo modo lo sport si trasforma in una costante che condiziona lo stile di vita di chi ne diventa dipendente, portando l’individuo a non avere più stimoli esterni se non lo sport.
Come intervenire?
Alla luce della breve descrizione sopra riportata, e delle caratteristiche che la dipendenza stessa richiama e che la contraddistingue, è importante comprendere che esistono delle componenti psicologiche che tendono ad alimentare questo tipo di problematica. Sicuramente, l’interruzione totale dalla pratica sportiva, non rappresenta una soluzione funzionale. Le soluzioni vanno ricercate in altre aree della persona e nel suo sistema di relazioni, con se stesso e con il mondo.
Non è inconsueto, che il tentativo infruttuoso di interruzione della dipendenza da sport si possa trasformare in una anoressia o bulimia, aggravando il quadro clinico già compromesso.
Pertanto, il trattamento deve essere ben orientato ed effettuato dagli specialisti del settore, che saranno in grado di sostenere la persona, riorganizzando il ritmo delle attività, ridare il giusto equilibrio psicofisico alla persona, riorganizzando anche il suo sistema relazionale e sociale.