Quando Michael decise di venire a passare qualche giorno a Salerno con il suo compagno, non riuscivo a contenere la gioia. Michael ed io siamo stati amici per lungo tempo e in maniera profonda.
Ci conoscemmo in fila all’aeroporto di Newark. Io piangevo, come sempre, mentre lasciavo quell’America che avevo imparato ad amare e, insieme, come sempre, quando sono commossa, facevo un sacco di facce buffe parlando con mio cugino Alfredo. Poi sentii quegli occhi sorridenti che mi fissavano e mi girai. Era uno degli uomini piu’ belli che avessi mai visto.
Lo conquistai parlando di baba’ e imitando Sofia Loren che lui amava. Ci scambiammo un indirizzo email, quando le email erano cosa appena apparsa all’orizzonte. Quando arrivai nella mia casa, a Napoli, trovai un suo messaggio “Bentornata”. Non smettemmo mai piu’ di scriverci e sentirci al telefono. E continuammo a vederci a Napoli o a New York. Lui si occupava di musica e quando non chiacchieravamo come due radio incantate, ascoltavamo musica e ballavamo.
Michael vide crescere il mio amore per New York e aveva sul suo telefono un memo “marzo 2017, festa per i 10 anni di Angie a NY”. Di me amava la determinazione. E il fatto che fossi un “hustler” – un “arrevotamunn”, praticamente. E quel mio innamorarmi sempre degli uomini sbagliati. Solo con K, che mi mollo’ due settimane prima di quel 27 novembre di due anni fa, aveva dato la sua approvazione perche’ mi vedeva felice. E lo ero. E lo sono.
Avrei mille ricordi. Mille storie. Mille perche’ essere una sua amica mi ha resa migliore. E perche’ so che la sua morte fu l’ultimo dolore di mia madre, prima che anche lei mi lasciasse pochi mesi dopo. Lui era un concentrato di gioia ed entusiasmo e riusciva a comunicare con chiunque, senza neppure conoscerne la lingua.
Eppure Michael ebbe un grande amore. Uno dei tanti.
Si chiamava Elena, ed era mia zia. Lei decise di ospitare, in una casa piccolissima, lui e il suo compagno perche’ “non e’ ammissibile che spendano soldi in hotel”. Mia zia non parlava inglese e aveva quasi 80 anni. Di Michael aveva lo stesso sorriso. Non le dicemmo che quei due ragazzi erano una coppia, pensando che potesse provare imbarazzo. Che stupidi arroganti che siamo noi “piu’ giovani” nel sentirci unici depositari del futuro. Il mattino successivo alla prima notte che Michael e J. trascorsero da lei, zia Elena mi chiamo’ per chiedermi “a che ora devo svegliare i ragazzi”.
“Non abbiamo impegni” risposi curiosa. Lei mi racconto’ allora che si sentiva in colpa di averli tenuti svegli fino alle 3 del mattino, a chiacchierare. “E di cosa?” le chiesi, fingendo di ignorare che non conosceva una sola parola d’inglese. “D’amore” disse lei. Ovvio, era il suo tema preferito.
L’amavo troppo per discutere o dubitare, ma sorrisi pensando a quella conversazione senza dialogo. Quando Michael mi chiamo’ piu tardi, invece, mi riferi’, entusiasticamente, di una chiacchierata notturna sull’amore che lo aveva fatto – naturalmente – diventare pazzo per mia zia. E ando’ avanti cosi per quattro notti. Racconti fino all’alba come coinquilini al college.
Quando giunse l’ora di ripartire, zia Elena era in lacrime, nemmeno il pranzo a ristorante la sollevo’ e abbraccio’ Michael per un’eternita’ prima di lasciarlo andare. Non le importava di nessuno. Trovo’ solo un attimo per dire, un po’ piccata, a sua figlia, che “non capivamo nulla dell’amore perche’ quei due ragazzi non erano amici, ma innamorati”. Mia cugina le chiese “come lo hai capito?”. E lei – con regale superiorita’ – “dai loro sguardi”.
Quel giorno io seppi, senza piu’ dubbio, che l’amore e’ una forza straordinaria e che solo chi ne ha paura o non ha coraggio, puo’ perdere tempo a definirne limiti, forme, contesti, opportunita’.
Michael volo’ di nuovo a Salerno per la festa a sorpresa per gli 80 anni di Elena. Lei era come una bambina a Natale. Quando mori’, lui le mando’ delle rose e un biglietto che riposa con lei, firmato “tuo figlio, Michael”. Quando lui stava per andare, mi disse “Elena non permettera’ che io soffra”. E cosi’ fu. Dolce, nella tragedia.
C’e’ una bellezza nella vita che possiamo quotidianamente cogliere o perdere. C’e’ ed e’ a portata di mano per tutti. E’ comunista. Ma non comune. Bisogna avere il coraggio di guardarla. Perche’, nell’assenza, ci spezzera’ il cuore. Eppure e’ tutto cio’ per cui vale la pena essere vivi.
AV 😉
“Stay hungry, stay foolish”