“La cucina color zafferano” è un libro del 2015. Qualcuno ci ha visto la stessa poetica di Hosseini tra “aquiloni e splendidi soli”.

Nella scrittura di Yasmin Crowther c’è l’intreccio tra Occidente e Oriente.

C’è il paesaggio londinese con “i suoi prati opulenti di un intollerabile verde”che sfuma nella terra color zafferano ocra, quella delle vette iraniane del Khorasan, nel villaggio di Mazareh nel nord-est del Paese. In questo angolo di mondo dove l’aria profuma di spezie e di sapori nasce la protagonista Maryan Mazar.

Il romanzo racconta la forza della tradizione dell’Iran rurale dove l’obbedienza al capofamiglia ha un valore più alto della dignità della persona.

L’autrice racconta la società iraniana dove basta il sospetto del disonore per mettere all’indice una donna. La protagonista, ripudiata per un errore mai commesso, fugge in Europa. Si sposa con un inglese e ha una figlia Sara. Lei e il marito, Edward, vivono in una dimensione laica. Maryan non è, quindi, più iraniana ma non è veramente inglese. Si avverte il bisogno dell’autrice di creare un ponte tra le culture. C’è una sofferta ricerca di identità nel suo modo di scrivere. Yasmin Crowther nasce a Londra da padre inglese e madre iraniana.

Lei stessa in un’intervista confessa di essere entrambi i mondi. Confida: “ho passaporto britannico ma nella mia casa c’è la cultura iraniana. Tutto è nella mia fibra”. Lei, che oggi è il Direttore Dell’Ufficio Britannico Sustain Ability di Londra e si occupa di sviluppo sostenibile legato alle politiche sociali, ha scritto il suo romanzo dopo un corso di scrittura con il grande scrittore e saggista britannico, Hanif Kureishi. “E’ stato per me -ha rivelato l’autrice- come respirare”.

Il libro è un viaggio delicato e sofferto dell’anima. Un ritorno nostalgico alle radici. C’è una voce forte e un senso preciso delle proprie origini quando la protgonista dice: ”Sono Maryan Mazar e le stagioni cambiano”. Sullo sfondo della narrazione c’è il crollo della monarchia di Reza Pahlavi nel 1979 con l’avvento della rivoluzione islamica. In questo nuovo scenario non si affievolisce per Maryan il richiamo del tramonto infuocato della sua patria come indelebile è il segno delle ferite ancora aperte ma soprattutto vivo è il fuoco della passione che è la voglia di vivere il proprio destino. Sua figlia Sara la raggiunge in Iran per riannodare la trama di un’esistenza passata in un villaggio dove il tempo sembra essersi fermato “tra miti alture e una profonda pace mormorante”.

In questo libro sono le donne, infatti, le vere protagoniste. Donne forti e volitive. Mogli e madri capaci di prendere decisioni e rinascere. La vita, ci spiega la scrittrice, ci dà sempre una seconda opportunità. E in questa rinascita la protagonista trova il modo di conciliare i due mondi, fa un patto di fedeltà all’uno e all’altro dei mondi. E nello stesso paesaggio emotivo ci sono i parchi e le strade londinesi e i paesaggi brulli dell’Iran. I due luoghi dell’anima.

Un romanzo intenso e poetico dove idealismo e terra dei sogni si mescolano a perfezione. Rosso zafferano come l’hennè sulle dita. Impronte di una vita che continua.