Nella mia rubrica “Libramente” oggi è caccia all’assassino. “A Regola D’Arte”, per riprendere il titolo dell’omonimo romanzo di Stefano Tura, lo scrittore che ha rovistato nel buio dei suoi incubi per creare il personaggio di Filippo il Pagliaccio, il sequestratore e forse assassino di 4 bambine scomparse in diverse località della Romagna. E’ lui l’orco di “Tu sei il prossimo” e de “Il Principio del Male”, i due libri precedenti dell’autore bolognese, di cui avevo già scritto nel Blog.

La mia recensione vuole essere, questa volta, una ricerca degli indizi. Tanti sassolini buttati qua e là, per sentirmi un po’ come Pollicino nella fiaba di Charles Perrault, che ritrova la strada, tra adrenalina e fiato sospeso. Una recensione con una scansione quasi teatrale. Nel libro “A Regola D’Arte” Tura ci porta oltre Manica, a Londra, dove lui vive da anni come corrispondente della Rai. Il primo colpo di scena si consuma subito, alle prime pagine, all’interno della Browns Arbiter Gallery, a Hanover Square. L’arte si tinge, quindi, di sangue e di orrore.

 

 

 

Una parrucca di capelli sintetici color arancione, un naso da clown è il travestimento di Filippo il Pagliaccio che ritroviamo, dunque, nella capitale inglese e, proprio, sulla scena del crimine. Su di lui indaga da anni l’ispettore Alvaro Gerace della Questura di Bologna, aiutato dalla compagna e collega Clarissa Di Natale, della polizia informatica. Gerace è il poliziotto di Stefano Tura, ma in questo libro è meno graffiante, più arrendevole di fronte all’intraprendenza di Clarissa. Riuscirà la donna a salvarlo, a rianimare il suo cuore asfittico? I due sono di nuovo sulle tracce del pedofilo senza volto. Ma cosa lega il pagliaccio alla morte dell’imprenditore e filantropo Achille Stefanelli De Vitis? Eccolo il mostro con la sua anima nera allo specchio.

 

 

 

L’omicidio di De Vitis getta nello sgomento il cenacolo danaroso della comunità italiana londinese. In questa Londra di banchieri, di faccendieri senza scupoli si muove a fatica il bravo e integro detective James Riddle della Stazione Centrale di Mayfair, a cui viene chiesto di agire in fretta e con mani di velluto poiché il caso tocca gli ambienti diplomatici e la classe dirigente del Paese. “Riddle è nato con la pioggia, cresciuto con la pioggia e invecchiato con la pioggia”, scrive l’autore.

E dai quartieri alti, Tura ci porta nella Londra periferica e multietnica, a Brixton, dove gli  spacciatori, i trafficanti d’armi e le gang sono “come insetti che escono dall’intestino della terra” al calare della notte, soprattutto se a scomparire è una bambina, figlia di un narcotrafficante giamaicano. Cindy trema nel buio.

 

 

 

La madre della piccola chiede subito aiuto all’amica d’infanzia, la volitiva  ispettrice Amanda Jefferson, assistente, tra l’altro, del detective Riddle. La poliziotta, per un’indagine non ufficiale, si rivolge, però, a Peter Mc Bride, comandante della stazione di polizia di Brixton. Dopo un’infanzia macchiata di sangue nelle strade del Moss Side, il quartiere malavitoso della periferia di Manchester, oggi Mc Bride è un poliziotto senza padroni, che applica, spesso, metodi non convenzionali per fare giustizia. E’ un uomo che cerca la sua redenzione. E un filo rosso lo lega a Gerace. In questo ultimo romanzo Tura dedica maggior spazio ai personaggi femminili. Con le parole ne diventa, quasi, un ritrattista. Le donne del romanzo sono tutte diverse e ognuna con un ruolo incisivo. Ma quella che preferisco è senz’altro Emilia, la vedova di Achille Stefanelli De Vitis. In lei c’è la vera rivoluzione.

 

 

 

Ho finito la mia granella di indizi. Tocca ora a voi scoprire l’identità del pagliaccio leggendo “A Regola D’Arte”. Ringrazio l’autore per averci mostrato i luoghi e gli scorci di una Londra iconica e ricca di sorprese. La trama ci trascina anche al castello di Hever, nella contea del Kent, a soli 45 miglia a sud di Londra. Le fortezze sono il ventre della mia immaginazione. A Hever è cresciuta  Anna Bolena, la seconda moglie del re Enrico VIII. Si dice anche che il fantasma  senza testa della donna non abbia mai lasciato le solide mura del castello.  Anna Bolena viene decapitata con un colpo si spada nel 1536, lasciando alla storia  sua figlia, la grande Elisabetta I d’Inghilterra.

C’è poi un’altra annotazione, anche questa molto personale: ho scritto la recensione ascoltando “All My Demons Greeting Me as a Friend”, primo album della cantante norvegese Aurora. Sulla copertina la cantante è una farfalla, simbolo di libertà e purezza infantile. Aurora canta: “I would rather feel this world through the skin of a child!”.

E Tura scrive: “ La piccola Cindy sogna di volare via come una farfalla!”. Io non credo alle coincidenze, neanche l’autore, che lo mette nero su bianco. E voi?