Quindici giorni fa vi avevo lasciati a Ratargul, la foresta nella palude nel nord-est del paese.

Questa settimana proseguiamo il viaggio rimanendo sempre all’interno del distretto di Sylhet ma spostandoci ancora più a nord fino a raggiungere, letteralmente, il confine con l’India rappresentato da una bandierina bianca e un membro delle guardie di confine in tuta mimetica.

L’area in cui ci troviamo è collinosa, ricoperta da una densa vegetazione subtropicale interrotta da tea-garden, cascate e piccoli fiumi poco profondi ma ugualmente navigabili con piccole imbarcazioni di legno. Il tratto da noi percorso è un canale di circa 12 km e si chiama Lalakhal, una delle mete turistiche più frequentate della zona. Il percorso in barca è molto bello, rilassante; si passa fra alte colline verdissime; il silenzio purtroppo rovinato dal motore di sottofondo della barca. Ciò che attrae maggiormente i turisti in questa zona è la bellezza dell’acqua del canale caratterizzata da un turchese introvabile in nessun altro fiume in Bangladesh e dovuto alla presenza di minerali nell’acqua.

Al termine del dodicesimo chilometro ci fanno scendere; se vogliamo possiamo proseguire un po’ a piedi lungo il fiume per raggiungere il punto zero, oltre il quale poi inizia l’India. Ci dicono, molto eccitati, che le enormi colline verdi che vediamo fanno già parte della catena delle colline di Meghalaya. Non capisco l’eccitazione, ma la vista è veramente molto bella. Sarà che loro sono abituati a grandi distese di acqua e di piantagioni di riso, ma a me ricordano le colline del prosecco della mia regione. Tutto è relativo; per me sono colline, per loro sono già delle montagne. Paghiamo il nostro traghettatore, pranziamo in un piccolo ristorante di cucina locale con vista sul fiume e risaliamo in macchina che nel frattempo ci ha raggiunti percorrendo la strada parallela al fiume.

Proseguiamo ancora un pochino verso nord-est per raggiungere Jafflong. un’altra zona di confine, un altro fiume percorribile in barca, se lo vogliamo. Questa volta il confine è un piccolo ponte sospeso sulla strada che dal Bangladesh porta a Shillong in India, famosissimo per i suoi tea-garden. Anche qui la solita bandierina e il soldato in uniforme. Questa volta ci mettiamo a parlare insieme. Quando viene a sapere che mio marito è un professore dell’Università di Dhaka, si mette sull’attenti e gli fa il saluto militare. Mio marito, petto gonfio di orgoglio, mi dice ‘Vedi la reputazione dell’Università di Dhaka arriva fino a qui’. A me chiede la nazionalità; rispondo in Bengali che sono italiana. ‘Ah, Baggio, great player, Italy world champion. E chi ha il coraggio di dirgli che ora Baggio fa il contadino e l’Italia non si è neanche qualificata agli ultimi campionati. A differenza di mio marito, il mio orgoglio è sotto la suola delle scarpe. E poi questa bizzarra abitudine dei bengalesi di rispondermi in inglese quando io mi sforzo di parlare nella loro lingua. Non sono ancora riuscita a farmi dare un spiegazione sensata a questa stranezza, nè io a trovarne una plausibile

Qui ci fermiamo per un bellissimo tramonto sull’acqua, di quelli che a Dhaka non riesci mai a vedere.