In questi giorni spesso la parola coronavirus si affianca inesorabilmente  a paura, ansia e comportamenti allarmisti. Purtroppo non sempre i mezzi di informazione sono riusciti a dare delle informazioni corrette e questo, unito a finte fonti di informazioni, ha contribuito ad aumentare il panico nelle persone. L’unico atteggiamento corretto è quello di seguire le indicazioni che gli Enti preposti ci stanno fornendo: sono misure che hanno lo scopo di contenere la diffusione del virus ed evitare che la situazione diventi preoccupante dal punto di vista dei ricoveri presso le strutture sanitarie sparse sul territorio.

Dal  punto di vista psicologico è necessario:

 

  • Attenersi ai fatti, cioè al pericolo oggettivo.
  • Non confondere una causa unica con un danno collaterale.
  • Se il panico diventa collettivo molti individui provano ansia e desiderano agire e far qualcosa pur di far calare l’ansia, e questo può generare stress e comportamenti irrazionali e poco produttivi.
  • Farsi prendere dal contagio collettivo del panico ci porta a ignorare i dati oggettivi e la nostra capacità di giudizio può affievolirsi.
  • Pur di fare qualcosa, spesso si finisce per fare delle cose sbagliate e a ignorare azioni protettive semplici, apparentemente banali ma molto efficaci (cfr. elenco qui sotto).
  • In linea generale troppe emozioni impediscono il ragionamento corretto e frenano la capacità di vedere le cose in una prospettiva giusta e più ampia, allargando cioè lo spazio-tempo con cui esaminiamo i fenomeni.
  • E’ difficile controbattere le emozioni con i ragionamenti, però è bene cercare di basarsi sui dati oggettivi. La regola fondamentale è l’equilibrio tra il sentimento di paura e il rischio oggettivo.

Per affrontare il coronavirus dal punto di vista psicologico è utile

  1. Evitare la ricerca compulsiva di informazioni.

2.      Usare e diffondere fonti informative affidabili. E’ bene attenersi a quanto conosciuto e documentabile. Quindi: basarsi SOLO su fonti informative ufficiali, aggiornate e accreditate.

3.      Un fenomeno collettivo e non personale. Il Coronavirus non è un fenomeno che ci riguarda individualmente. I media producono una informazione che può produrre effetti distorsivi perché focalizzata su notizie in rapida e inquietante sequenza sui singoli casi piuttosto che sui dati complessivi e oggettivi del fenomeno

E’ stata chiamata “infodemia” il contagio e la diffusione delle notizie: guardando la tv, aprendo i giornali o andando in rete si viene sommersi da una marea di informazioni di ogni tipo sul Coronavirus: veri esperti e finti esperti, specialisti improvvisati, persone che riportano il “sentito” dire o il “sentito” letto. In questo campo ragionare con il “buonsenso” porta a conclusioni spesso errate.

Va bloccato o ignorato uno stato di “allarme psicologico permanente” che si traduce in “indignazione pubblica”. Si tende così a aumentare la percezione dei rischi e siamo spinti a cercare ossessivamente informazioni più rassicuranti. I media però sono fatti per attirare l’attenzione e ci espongono per lo più a cronache allarmanti facendo cresce la sproporzione tra pericoli oggettivi e paure personali.

È dunque necessario ridurre la sovraesposizione alle informazioni dei media. Le semplici informazioni sopra riportate sono sufficienti. Una volta acquisite le informazioni di base su che cosa succede e che cosa fare, è sufficiente verificare gli aggiornamenti sulle fonti affidabili sopra indicate.

Si hanno così tutte le informazioni necessarie per proteggersi, senza farsi sommergere da un flusso ininterrotto di “allarmi ansiogeni”. E’ bene proteggere anche i bambini. Se ci interrogano, daremo sempre la nostra disponibilità a parlare serenamente di quello che possono aver sentito e li spaventa correggendo un quadro statisticamente infondato.

E’ meglio non esporli alle informazioni allarmistiche di cui sopra.