

Quando sono arrivata a New York, tredici anni fa, il paese era a un passo dal precipizio, con pochi appigli a cui aggrapparsi per evitare di precipitare nella devastazione di una crisi economica paragonabile solo alla Grande Depressione. In città, il numero dei negozi chiusi aumentava ogni giorno e lo stesso avveniva per le persone che si ritrovavano senza lavoro. Ricordo perfettamente che i tre quarti di coloro con cui entrai in contatto, in quei primi mesi, si erano ritrovati improvvisamente disoccupati, mandati a casa, da un giorno all’altro, da banche, grandi aziende, piccole compagnie e da ristoranti, catene di negozi e ogni altro tipo di attivita’. Il mercato immobiliare era crollato e, per me, quello fu l’unico aspetto positivo perche’, per una volta, fu piu’ “facile” trovare un appartamento. In molti dissero che New York era morta. E che quella crisi era peggiore di quella post 11 settembre e non si sarebbe mai tornati a vivere come prima.
Più o meno le stesse cose che si possono leggere e ascoltare in queste settimane, mentre la citta’ prova a rimettersi in piedi dopo il lockdown piu’ severo di tutti gli USA e con attivita’ ancora fortemente “limitate”: i cinema sono ancora chiusi, cosi’ come i teatri e i musei hanno aperto solo questa settimana: le palestre, poi, dovrebbero tornare attive nei prossimi giorni. La citta’, inoltre, e’ ancora mezza vuota: in tanti hanno deciso di trasferirsi altrove per sempre (per quanto valore abbia un “per sempre”) e altri sono ancora nelle seconde case al mare o in campagna in attesa della ripresa delle scuole che e’ programmata per la prossima settimana (le private) e dopo il Labor Day per quelle pubbliche. In aggiunta, il problema dei senza tetto, soprattutto in alcuni quartieri, e’ diventato piu’ palese, senza contare che la prolungata chiusura degli uffici e il crollo del turismo hanno portato a una sorta di desertificazione di Midtown. Tutto vero. Senza dubbio.
Hanno ragione, dunque, coloro che parlano di morte della citta’ senza neppure riuscire a nascondere un certo compiacimento dietro a una presunta e ostentata tristezza? No, assolutamente. La verita’ e’ che New York ha dimostrato gia’ in molte occasioni di sapersi rialzare e, se necessario, reinventarsi per adattarsi alle nuove esigenze. Chi avrebbe pensato, prima dell’11 settembre, che per entrare in un qualsiasi ufficio sarebbe stato necessario superare controlli di sicurezza rigorosi? Eppure in pochi anni, e’ diventata la “normalità” e la citta’ ha ripreso i ritmi frenetici di sempre, attirando 60 milioni di visitatori all’anno. Chi parla della morte di New York, dimentica o probabilmente non ha mai compreso, pur vivendo qui, il vero carattere di questa citta’, che poi e’ anche la ragione per cui vale la pena vivere qui, nonostante le durezze, le pressioni, la competizione, i prezzi vertiginosi. La ragione per cui vale la pena stare qui, resistere, ricostruire, ricominciare mille volte e’ il senso di comunita’ che ha permesso ai newyorchesi di stringersi insieme – nonostante la distanza – durante le settimane piu’ dolenti.
Io vivo sola qui e non ho nessun familiare eppure non mi sono mai sentita sola. I newyorchesi hanno raccolto soldi per aiutare i loro concittadini piu’ in difficoltà, hanno sostenuto chi lavorava negli ospedali, hanno seguito regole rigide e contrarie al loro carattere. I newyorchesi hanno fatto registrare il record di cani adottati proprio nelle settimane piu’ dure della crisi. E si sono sollevati quando c’e’ stato da scendere in strada per ricordare che Black Lives Matter, marciando per giorni, ogni giorno, senza dimenticare la mascherina. I newyorchesi stanno guardando avanti sapendo che ora e’ il momento di dimostrare il loro carattere e restare per ricostruire senza fingere di non essere feriti, senza pretendere di non essere piegati, senza “vendere” l’immagine di una cartolina turistica alla quale nessun viaggiatore potrebbe credere. I newyorchesi resteranno e ricostruiranno e lo stanno gia’ facendo, lottando per i diritti della comunita’: dei neri, delle donne, degli LGBTQA e degli immigrati. Se pensate che questa citta’ sia morta, e’ perche’ non avete mai sentito il suo cuore, anzi avete pensato che non ne abbia uno. Ce l’ha, invece, ed e’ indomito. Non perche’ non ci sia da affrontare il “rischio di morte”, ma per la capacita’ di superarlo.





