Quella bambina adorava pensare e sognare.
Non appena imparò a scrivere, iniziò a trascorrere tanto tempo con la penna e la matita in mano. Disegnava e immaginava. Raccontava le sue storie e profetizzava eventi.
Attraverso le immagini dava vita ai suoi racconti. Credeva di possedere dei poteri magici e di potersi trasformare in un essere invisibile o in una creatura fantastica.
Beata e meravigliosa giovane età!
Crescendo, però, continuava ad avere le stesse sensazioni, a sentirsi esclusa tra i suoi simili o preferiva credere che fosse diversa tra diversi.

Certa di essere stata vittima di un incantesimo d’amore, percepiva un flusso di energia che non terminava mai, ma che cresceva in lei ogni giorno di più, anno dopo anno.
Viveva nella convinzione che quella telepatica sintonia di sensazioni, odori e percezioni, fosse un privilegio che appartenesse solo a pochi e sapeva di non essere mai stata sola.
Si ricordava di quando erano ancora soltanto due energie che fluttuavano, sospesi tra tempo e spazio, tra cielo e terra. E già si amavano e si adoravano.
Poi furono allontanati per fare un meraviglioso viaggio nell’acqua, nella vita e nell’aria.
Ma si persero…
La loro stella, il giorno in cui furono separati, non aveva brillato nello stesso modo e con la solita intensità.
Quando videro per la prima volta il cielo e respirarono a pieni polmoni si cercarono a lungo, ma non si trovarono più.

Probabilmente si erano persi o solo temporaneamente allontanati.
D’altronde si sa, nella vita c’è chi non si incontra mai e c’è chi si separa per sempre.
Eppure qualcuno le era appartenuto…anni trascorsi con quell’opprimente sensazione di incompletezza e con la percezione di una costante attesa.
E poi…avvenne qualcosa di tanto sognato.
Si ritrovarono in un giorno d’autunno, quello del loro compleanno.
I due amanti nacquero, tanti anni prima, nello stesso giorno dello stesso anno…
Un lungo tempo li aveva tenuti separati.
Lei era cresciuta nella convinzione della sua diversità, sentendosi esclusa dalle ovvietà e dalle banalità della vita apparente.
Dio l’aveva voluta speciale.
Aveva il dono della profezia e dell’ascolto, della parola e dell’arte.

Sapeva far entrare il sole nelle giornate grigie, far breccia nei cuori più aridi e il suo sorriso contagiava chiunque incontrasse lungo la sua strada.
Avvertiva profondamente, dentro di sé, il richiamo verso l’ Amore assoluto.
Ma era rimasta comunque in cerca della sua energia … viaggiava custodendo il suo segreto, lo cercava continuamente e ovunque.
Nel frattempo, in un altro angolo di mondo, anche lui era cresciuto e la sognava, scorgendola ovunque, ma non trovandola mai.
Era diventato uomo in mezzo a gente che non gli somigliava, apparentemente realizzato, ma nel suo intimo molto lontano da quell’idea.
Aveva la convinzione di essere un diverso tra simili e ne conservava quel concetto con una punta di presunzione.
Crebbe in un mondo pieno di condizionamenti e pregiudizi, intrappolato nella sua stessa vita.
Si conquistò un’esistenza, ma non la libertà.

Sapeva di aver perso l’altra metà della sua energia, che gli mancava tanto, ma era anche sicuro che non fosse svanita. In qualche modo, lui la sentiva.
Loro si potevano amare e percepire anche se erano lontani. Si fiutavano, come animali selvatici e sapevano esattamente come stava l’uno e l’altra. Ne avvertivano la presenza e captavano i reciproci stati d’animo.
Era un legame spaventoso, che li avrebbe condotti in un vortice di passione e tormento.
Il dolce tormento degli amanti. Di chi si ama e trova il senso della propria esistenza solo completando se stesso nell’altro e a volte non basta un’intera vita per trovarsi.
Questo è un dono che non tutti meritano o un tesoro nascosto che non sempre si è disposti a cercare.
Spesso vi si rinuncia…

Ma cosa può esserci di più irrazionale dell’irrazionalità stessa? L’amore!
Adesso erano lì, ritrovati e finalmente insieme.
Lei, per un attimo, aveva quasi provato pena per quell’uomo, il grande amore della sua vita.
Era di fronte a lei e la fissava. In quei grandi occhi verdi ci scorgeva il mare con le profondità trasparenti. Erano occhi acquosi, supplichevoli e pietosi. Sembravano pieni di lacrime.
Era uno sguardo innamorato, ma in quel momento chiedeva solo una cosa, accoglimento e comprensione. La pregava di non abbandonarlo in quella triste solitudine.
E come sempre lei si mostrò generosa ed accudente.
Erano due folli che con i loro rituali consolidavano quell’alleanza d’amore.
Lui si sentiva vittima della sua esistenza e, chissà, forse amava sentircisi.
Ma in lei cercava riparo.

Le ripeteva con struggente abbandono quella dolce e severa litania :
“Vittima o carnefice ? Chi è la vittima e chi il carnefice ?”.
Lui, il grande amore della sua vita, le nutriva l’esile corpo e il fragile cuore di solo amore.
Lei, che aveva conquistato la sua libertà era pronta a sacrificarla!
Lui, essere tormentato, si dichiarava “vittima di un destino beffardo “!
Nella precarietà e nella maestosità della vita i piccoli esseri umani si plasmano e camminano seguendo un flusso o un loro orientamento.
Ci sono correnti che non si possono interrompere, ci sono energie che non possono essere frenate, ci sono gli innamorati che non possono essere imprigionati, se non in loro stessi.

Lettera all’amata immortale di Ludwig van Beethoven

“…Buon giorno, il 7 luglio.
….Sì, sono deciso ad andare errando lontano da te finchè non potrò far volare la mia anima avvinta alla tua nel regno dello spirito…il tuo amore mi rende il più felice e insieme il più infelice degli uomini…
Oh continua ad amarmi, non giudicare mai male il cuore del tuo amato.
Sempre tuo.
Sempre mia.
Sempre nostri.”