Gent. oste bengalese,
se proprio ha intenzione di invitare a cena uno straniero (meglio se occidentale dalla pelle bianca) sappia che, prima di farlo, dovrebbe considerare un paio di cosine: gli stranieri hanno modi stranieri, deve essere pronto a perdonarli. Detto questo, stia tranquillo, gli stranieri curiosi come la sottoscritta non ne vedono l’ora. Dopotutto, anche noi dobbiamo mangiare.

Essere invitati nelle case dei bengalesi è facilissimo, basta parlare al telefono cinque minuti, incontrarli per caso per strada o al supermercato e voilà scatta l’invito a casa, le fatidiche due parole bashae ashen (letteralmente “vieni a casa”) dietro le quali non si nasconde un semplice invito ma il mondo dell’ospitalità alla Bengalese: usanze, abitudini, alcune interessanti e divertenti altre decisamente un po’ meno, alle quali bisogna essere preparati.
All’inizio quando venivamo invitati a casa di qualcuno, l’oste a mia insaputa aveva la premura di telefonare a mio marito per chiedere cosa mangiassi, o non mangiassi, chiedere se la signora avesse preferenze, scusandosi ogni mezzo secondo, per l’ignoranza, i dubbi e il timore di fare brutta figura o incappare in qualche errore di bon ton. Rassicurato l’oste che avrei mangiato qualsiasi cosa, anche il pesce essiccato, che qui è una puzzolente prelibatezza, e che non avrei avuto alcun problema, mio marito mi dava le solite istruzioni: fai quello che faccio io, fai assaggiare prima a me, soprattutto per testare la quantità di chili nel cibo, poi se è ok, te lo metto nel piatto, il tutto nel modo più casuale possibile, fra un complimento alla cuoca e un sorriso all’oste.
Ma partiamo dall’inizio, l’indirizzo. Arriva l’sms con il numero della strada, della casa, del piano, dell’interno, il nome della casa (tutte le palazzine hanno un nome, la mia per pura coincidenza ha un nome italiano, Bella Vista, essendo proprio davanti a un piccolo parco). Facile.
Se l’invito fosse a Puran Dhaka (la parte vecchia) la strada avrebbe almeno un nome, di solito inglese, retaggio degli anni passati sotto il dominio inglese, se fossimo fuori Dhaka, dove le strade non hanno nome e le case non hanno un numero, le indicazioni sarebbero del tipo, vai avanti fino a, quando arrivi a …gira a destra, dietro il, a fianco del, ecc.
Sulla soglia potrebbe esserci il problema delle scarpe: toglierle o non toglierle. Il Bengalese, uomo o donna che sia, le toglie sempre. Lo straniero per cortesia potrebbe farlo, ma non necessariamente. E su questo sorvolano. Guardando il numero delle scarpe sul pianerottolo si capisce se siamo i primi o gli ultimi ad arrivare nel qual caso le scuse classiche sono, “Scusate dovevamo aspettare che la domestica finisse, come al solito è arrivata tardi” oppure “Il solito traffico di Dhaka, siamo rimasti bloccati mezz’ora sulla sopraelevata, doveva servire ad allegerire il traffico e invece, guarda peggio di prima”.
Veniamo fatti accomodare nel salotto per gli ospiti; se siamo amici direttamente nel salotto di famiglia dove di solito c’è una TV enorme, troppo per le stanze striminzite degli appartamenti di Dhaka. Se fossimo in un villaggio fuori Dhaka, direttamente sul letto della camera padronale.
Prima di passare al cibo, c’è il problema delle posate. Posate si, posate no. Le posate non ci sono mai, ma se sanno che c’è lo straniero, le mettono su un piatto al centro della tavola. Le trovi tutte, forchette, coltelli, cucchiaini e cucchiai anche se sanno che la zuppa non c’è. In effetti non sanno che gli occidentali mangiano con la forchetta e il coltello, ma questa è una sottigliezza irrilevante anche perchè per ingurgitare il cibo bengalese il coltello è un arnese superfluo.
In che lingua conversare potrebbe essere il problema maggiore. Purtroppo lo straniero che avete voluto invitare non conosce il Bengali oppure ha un lessico di 20 parole con il quale cercherà di esprimere ogni concetto dello scibile, dalla filosofia zen alla partita di cricket. In questo caso sarà premura dell’oste capire tutte le sfumature di significato quando per voi tutto è bhalo (letteralmente buono) dall’arredamento della casa, ai quadri alle pareti, al cibo, al gatto sul divano. Oppure può essere che il vostro oste, per mettervi a vostro agio, sfoderi il suo miglior inglese. Se opta per questa scelta si accorgerà ben presto che lo straniero parla un inglese ‘strano’; quando per esempio cercherà di comunicare con voi usando frasi semplici come I did a lot of works today or I really like all Bangladeshi foods, noterà che ommetterete la ‘s’ da work e food. Che strano, eppure era convinto che ‘a lot of’ and ‘all’ sottoindendessero chiaramente un plurale. Oppure che mettete l’accento sulla seconda sillaba e non sulla penultima e che non tutte le i in inglese si pronunciano ‘ai’.
Per quanto riguarda gli argomenti di conversazione, anche qui ci sono dei rischi. Non è strano sentirsi chiedere ‘Quanto guadagni? Oppure indagare sull’età, stato civile e figli. Per ragioni che ai bengalesi paiono inspiegabili, non capiscono che queste domande apparentemente innocue, sono cose private. Allo stesso modo, chiedere come ottenere il visto per l’Italia non è un buon inizio di conversazione.
Anche i commenti sull’aspetto fisico non sono ben accetti da uno straniero anche se qui non possono proprio farne a meno. ‘Ti sei ingrassato dall’ultima volta che ti ho visto!’ oppure ‘Hai una brutta cera, stai male?’ Oppure ‘Conosco un buon dermatologo che ti puo curare i brufoli sulle guance, se vuoi lo chiamo e ti fisso un appuntamento’. Ho imparato a fare altrettanto, ma io sono perfida e non dico mai bugie.
Non vi offendete se vi mettono la testa del pesce, occhio compreso, o la coscia di pollo sul piatto, è segno che sono onorati di avervi come ospiti .
I bengalesi riescono a ingurgitare enormi quantità di riso. Di conseguenza una sola porzione non basta. Non serve chiedere, il riso ti viene catapultato automaticamente sul piatto ancora prima che tu abbia finito quello che ancora avevi. La moglie dell’oste non mangia, non si siede al tavolo con gli ospiti ma sta in piedi, dietro al marito, una mano sul fianco l’altro sull’orlo della sua sedia e sta attenta che i piatti degli ospiti siano sempre pieni, fa portare altro riso quando vede che scarseggia o le altre pietanze; come in una catena di montaggio, dalla cucina arrivano ciotole di continuo, una dopo l’altra, o un bicchiere, o il piattino per gli ossi o la lisca del pesce. Non si arrendono neanche quando metti le mani incrociate sopra il piatto in segno di resa.
Dell’acqua non sanno che farsene durante la cena. Ne bevono un bel bicchierone alla fine, che prendono con la mano sinistra mentre con il dorso della destra lo sostengono alla base. Non ho mai capito perchè. Forse hanno paura che cada? Si corre il rischio che a fine cena, quel poco di acqua che avevate lasciato nel bicchiere e che tenevate ‘per dopo’ vi venga portata via e non la rivedrete mai più.
La velocità con cui mangiano è strabiliante e fa si che l’atto effettivo del mangiare duri molto poco. La conversazione durante questo periodo è quasi assente e si riduce a qualche mugolio di approvazione. Ricordatevi di usare sempre la mano destra per mangiare o per offrire del cibo ad altri. La sinistra, quella brutta, ha altri usi che ora non vi sto a spiegare ma che forse potete immaginare da soli.
Dopo la cena, ci si trasferisce tutti nuovamente nel salotto buono per il the, quello fatto con il latte condensato. Nel peggiore dei casi le donne seguono le altre donne in camera da letto e gli uomini accompagnano gli ospiti uomini sul sofa per continuare le chiacchiere.
Per congedarsi è facile. Basta ricordare all’oste che il vostro povero autista vi sta aspettando in garage e che domani si deve alzare presto per portarvi in ufficio e quindi è opportuno togliere il disturbo in fretta.

Siete sopravvissuti al vostro invito a cena. Ma sicuramente non vedete l’ora che si ripeta. La proverbiale ospitalità Bengalese, di cui avevato tanto sentito parlare, è genuina e davanti a un bel piatto di biriyani anche il Bengalese più introverso e lo straniero più titubante diventano due chiacchieroni affiatatissimi e irrefrenabili e vi ritroverate anche voi come lui a pontificare sullo stato di salute della democrazia in Bangladesh, sui politici corrotti, sul prezzo delle cipolle che è arrivato alle stelle, sulla vostra domestica che come al solito arriva tardi e se ne va sempre troppo presto, sul traffico estenuante, ecc. ecc. ecc.



