Bentrovati carissimi amici di Matilde. Tutto bene? Spero proprio di si. Continuando il nostro piccolo viaggio nella mia Regione, il Veneto, oggi scendiamo a sud di essa, in provincia di Rovigo, precisamente a Canda, una piccola e verde cittadina nel Polesine.

A Canda sorge un edificio cinquecentesco fatto probabilmente costruire da Vincenzo Scamozzi, allievo del Palladio, anche se c’è chi dice sia stata fatta costruire dall’architetto Baldassarre Longhena. Siamo nel Cinquecento e Rovigo e il Polesine, come tutto il Veneto di allora del resto, sono sotto l’influenza della Repubblica di Venezia. In mezzo a due fiumi, il Polesine è soggetto a frequenti inondazioni e allagamenti. Terra praticamente improduttiva e quasi disabitata, il Polesine è luogo di intensi lavori di bonifica. In questo periodo troviamo i primi accenni della Villa. Parco e cappella vennero poi acquisiti dalla nobile famiglia veneziana dei Nani, che nel XIX secolo diventarono Nani Mocenigo. E proprio la contessa di questa nobile famiglia è protagonista di una storia che divenne poi leggenda…se di leggenda vogliamo parlare. Credo che un po’ di verità (come in tutte le leggende) ci sia. La nobile viene lasciata dal suo amato e non riesce a darsi pace, piange ininterrottamente, si dispera, i lamenti vengono sentiti giorno e notte, tanto che persone a lei vicine sostengono che sia impazzita, che il suo cuore non abbia retto alla perdita del suo amato.

Per decisione di suo fratello Giovanni, la contessa si trasferisce con una dama di compagnia alla villa di Canda. Si spera che un ambiente sereno, salubre e spensierato le possa far bene. Passano i mesi e la contessa sembra non riprendersi finchè, un bel giorno, cambia tutto. La contessa migliora,  sorride, vive intensamente, diventa gioiosa e spensierata. Organizza feste sontuose e, si mormora, passi le notti con amanti diversi. Un giorno le donne si recano dal fabbro del paese che, su loro ordine, prepara parecchie lame affilate. Stranamente di tutti gli amanti che si fermano alla villa, non vi resta poi più traccia. Si dice che durante l’amplesso con la contessa, la sua dama feriva l’amante che veniva gettato nel pozzo e veniva infilzato dalle lame posizionate nel fondo. Però, un giovane più furbo ed aitante, capendo le intenzioni delle donne, riesce a difendersi e ad ucciderle, gettandole a loro volta nel pozzo.   

Da allora, si dice, l’anima della Contessa vaghi fra le stanze del palazzo, piangendo e invocando il nome del suo amato, quello per cui aveva perso la sua sanità mentale. Brrrr…..

La villa si trova a Canda in provincia di Rovigo, visitabile in qualche “straordinaria” apertura durante l’anno. Non resta che scoprire quand’è la prossima data aperta per poter sentire di persona, i pianti disperati della contessa dal cuore spezzato.

Raccontiamo un po’ la villa…

L’edificio è orientato a Sud. È diviso in due corpi, costruiti in epoche diverse. Il corpo a Nord fu edificato (dal 1580 ed il 1584) secondo un progetto di ispirazione palladiana, al quale è stato dopo non molti decenni aggiunto il secondo corpo con apertura a Sud. L’apertura diretta verso la via d’acqua, tanto cara ai veneziani, dopo un secolo divenne non più funzionale, perché gli argini nel XVIII secolo vennero rialzati.  L’insieme della villa è sobrio e compatto nello stile di realizzazione. È caratterizzato da aperture serliane e da una testa di Ercole sulla chiave d’arco. Cornici e modanature sono state aggiunte dopo la costruzione a sud del secondo corpo della villa per cercare di omogeneizzare il più possibile le due parti, che peraltro rimangono ben distinguibili perché espressione architettonica di epoche diverse.

La mappa del parco risale al 1775. con l’impostazione di parco all’inglese, con numerose statue a soggetto mitologico, scolpite su pietra dei monti Berici, di pregevole fattura settecentesca e attribuite sia alla bottega degli Albanese di Vicenza sia al veneziano Alvise Tagliapietra. Nel corso del tempo diverse furono mutilate. Il piccolo edificio della Cappella, a pianta ottagonale, è situato nell’angolo Nord-Ovest del parco. Lo stile fa supporre una costruzione del Cinquecento coeva o poco successiva alla costruzione dell’edificio principale. All’interno si trova un altare in marmo policromo, sopra il quale si ergeva una pala del Settecento raffigurante la Madonna, della quale ora si può apprezzare solo una riproduzione fotografica. Degno di nota il bignato della facciata. Nell’adiacente parte di cinta muraria sono presenti due pilastri da cancello, ora chiusi da un muro con grata di terracotta, probabile residuo di una precedente apertura verso la strada principale per consentire l’accesso ad estranei alle funzioni celebrate nella cappella, come comprova l’esistenza delle funzioni di richiamo di un piccolo alloggio per campana sovrapposto alla costruzione di servizio adiacente.