
Il dolore bussa all’improvviso. Non ci si prepara al dolore. Ne sono convinta. Oggi nella rubrica
“In- Chiostro” voglio scrivere di qualcosa che continua a starmi appiccicato addosso e incollato su ogni piccolo centimetro della mia pelle. La sofferenza è quell’ospite inatteso a cui non vorresti mai aprire. E’ il forestiero che ognuno di noi nella vita, prima o poi, si vede costretto a ricevere. “Messere Dolore”,(lasciate che io lo chiami in questo modo) un bel giorno di aprile, si è portato via il mio cane.
Era una domenica assolata. Khalù mi guardava. Mi stava dicendo :”Non lasciarmi solo”. Non l’ho fatto e nella rinascita della primavera, Khalu si è, invece, addormentato tra le mie braccia. Un respiro profondo, un sonno libero, senza ritorno. Sono rimasta a guardarlo a lungo: il suo muso freddo e gli occhi socchiusi. Sempre bellissimo. Mi è stato, poi, detto :” Era solo un cane!” Mi sono chiesta, allora, se esiste una misura esatta del dolore.

C’è, forse, una bilancia per pesare il dolore? Se poi si tratta, solo, di un cane allora sono più che sufficienti una manciata di lacrime per far finta che tutto non sia mai stato? Qual è, allora, il catino del dolore? Chi può stabilirne la forma o la dimensione? Il colore del dolore ha minore intensità se racconta la perdita di un cane? Confesso: non mi sono mai sentita così rabbiosa e sola.
E’ stato in quel momento che ho deciso di abbracciare il mio dolore, questo sconosciuto, che per nulla al mondo avrei voluto accogliere nel chiostro della mia vita. All’improvviso l’ho sentito, invece, familiare e salvifico in tanta indifferenza. Ci sono rimasta dentra. Ci sono ancora dentro. In questo dolore c’è la mia crescita, la mia nuova alba. Khalu è stato il mio mondo emotivo per dieci anni. Khalu mi ha insegnato il valore della fedeltà assoluta, dell’accudimento reciproco. Mi ha semplicemente amato. Con i miei limiti. Nonostante i miei errori.
Mi amava e basta. Eppure era solo un cane, hanno detto in tanti. Un cane, però, più umano di tanti esseri umani. Oggi lascio i giudizi delle persone “giudicanti” oltre la cinta muraria del mio “Castello”. Peccato per un’ unica cosa. Non sono riuscita ancora a perdonare mentre Khalu avrebbe perdonato. C’è del sovrumano in questo per essere solo un cane. Succederà anche a me, (lo spero) ma se nel frattempo dovessi, per questa colpa finire all’Inferno, si tenga conto della mia assoluta sincerità.



