Dipende da chi sei, cosa fai, in quale parte della città vivi.
Le categorie più povere come i rickshawallah, i portinai, tutti gli ambulanti sui marciapiedi, gli operai senza specializzazione delle industrie, gli aiutanti meccanici dei garage, dei negozi, le domestiche devono vivere con l’equivalente di 100 Euro al mese; un dipendente statale circa 400/500, un manager, professore universitario, chirurgo intorno ai 1000 Euro; nel privato i salari raddoppiano o triplicano. Per chi ha una specializzazione o una laurea particolarmente richiesta dal mercato c’è la possibilità di arrotondare andando magari nel privato per consultazioni a progetto o corsi extra. I medici statali, per esempio, sono quasi tutti affiliati a cliniche o ambulatori privati dove visitano i pazienti la sera, dopo il lavoro in ospedale.
Non è raro infatti avere un appuntamento dal medico alle 10 di sera.
Da una parte ci sono quartieri, ristoranti, ospedali, scuole ecc. che solo i ricchi si possono permettere, dall’altra quartieri e servizi a misura di povero o meno abbiente. L’ironia è che mentre un povero non potrà mai per esempio entrare in un ristorante per ricchi dove una bistecca gli costerebbe un intero salario (non scherzo) il ricco, se vuole, può mangiare in un ristorante da poveri. Basta andare a Puran Dhaka, la parte vecchia della città dove si mangia benissimo, soprattutto i piatti tradizionali, per meno di 1 Euro.
Ma mentre questo è vero per ogni città del mondo, qui a Dhaka c’è una categoria di persone alle quali la vita costa decisamente di più: gli stranieri. E vi spiego perchè. Me ne ero ovviamente accorta già da tempo, vivendo qui da vent’anni, ma vivendo sulla soglia, con un piede nella comunità locale, con tutti i vantaggi che questo comporta in termini di conoscenze di opportunità a più buon mercato, e uno sui privilegi da stranieri, ho imparato a scansare le fregature
L’idea per scrivere di questo mi è venuta all’improvviso leggendo un articolo dal titolo “Per uno straniero costa di più vivere a Dhaka che a Washington”. Pare che per uno straniero che decida di vivere per lavoro o per altro in una città dell’area Sud Asiatica, Dhaka sia una delle città più costose, certo più dell’India dove rispetto a Dhaka i salari sono più alti ma il costo della vita più basso. Ma perchè costerebbe di più per uno straniero?
Nel momento in cui uno straniero atterra a Dhaka, entra inconsapevolmente dentro un circolo vizioso dal quale, ho visto io personalmente, non uscirà mai. Comincia già prima della partenza. Il primo errore è chiedere consigli su dove stare, dove mangiare, cosa fare agli altri stranieri che qui ci sono già stati; il secondo errore è pensare di poter vivere solo dove altri stranieri vivono, cioè nei quartieri residenziali magari vicino ai club internazionali, agli uffici importanti o alle sedi diplomatiche. Il terzo errore è voler mangiare a tutti i costi come a casa, dai cornflakes a colazione, al caffe dopo pranzo. La sua vita non andrà oltre quei pochi chilometri quadrati del suo quartiere privilegiato, dove troverà il club internazionale per passare le serate parlando con altri stranieri, il ristorante con cucina internazionale o se è fortunato la cucina del suo paese, il suo ufficio.
Chi sono gli stranieri che vivono qui? A parte i businessmen mandati magari dalla sede principale ad aprire o gestire una filiale qui, gli altri sono tutti “esperti”. Sono i tecnici che sanno far funzionare le macchine sofisticate di maglieria delle industrie di confezioni, gli esperti della pelle che sanno come confezionare le scarpe, gli esperti di design; sono i direttori di ONG internazionali o gli esperti fatti arrivare per un breve periodo per lavorare su un progetto particolare; sono gli insegnanti delle scuole internazionali prima fra tutte l’American International School. Nelle università sia pubbliche che private non ci sono stranieri perchè per legge non possono essere assunti anche se ci sono due università private che hanno aggirato questo ostacolo (chiedendo personalmente l’autorizzazione alla nostra primo ministro) ed ora hanno un vice rettore Taiwanese, un direttore amministrativo britannico e un direttore per la ricerca e lo sviluppo turco.
Certo, sono tutte persone animate da grandi principi pronte a sacrificarsi, per qualche anno, pur di arricchire il curriculum e condividere conoscenze professionali e tecniche a chi è interessato e ne ha bisogno. Ma non ci vuole molto a convincerli, basta firmare un assegno in bianco o per chi è dipendente di uffici diplomatici il famoso assegno di trasferta che per il Bangladesh, paese disagiato, dovrebbe essere bello consistente.
Secondo dunque questo sondaggio della Mercer Cost of Living di cui vi parlavo, Dhaka si troverebbe al 40esimo posto delle città più costose per i cosidetti lavoratori internazionali, più costosa per esempio di Toronto al 98esimo posto, Washington (51), Bangkok (46) e Dubai (42). Fra le capitali asiatiche, Dhaka è più costosa di Mumbai (78), Dehli (117), Karachi (201). Il confronto si basa sui costi comparati di 200 tra beni e servizi inclusi alloggio, trasporti, cibo, servizi, vestiario e divertimenti.
Quello che spinge in alto i prezzi sono purtroppo le tasse sui beni importati.
Una macchina qui costa in media il doppio che in Italia, un kilo di pasta Barilla mi costa 2.50 euro, un kilo di riso 7, un litro di latte a lunga conservazione importato dall’Australia 2.70, un pacchetto di Lavazza Crema e Gusto da 250 gr. dai 5 ai 6 Euro, la scatala da un 750 gr di Kellogs Cornflakes 7.50, un avocado di medie dimensioni 5 Euro, il vasetto di Nutella da 350 gr 5.20 per non parlare del parmigiano, dei formaggi, dei succhi di frutta, degli youghurt, ecc. Se dovessi mangiare come mangio in Italia o quasi spenderei credo intorno ai 700/800 Euro al mese; se mangiassi tutti i giorni come i Bengalesi molto meno della meta’ (ho chiesto a mia cognata che ha una famiglia di quattro persone come la mia e lei spende non piu’ di 20.000 Taka, quindi circa 200 Euro).
Se solo smettessi di fare la spesa al supermercato e andassi invece nei mercati all’aperto locali, risparmierei almeno 200 Euro al mese.
Sento spesso dire dagli stranieri che non si aspettavano che la vita qui fosse cosi costosa, ma non li ho mai sentiti dire che fanno fatica ad arrivare a fine mese. Infatti continuano a vivere a Gulshan o Baridhara (due dei piu’ costosi quartieri, il primo tristemente noto per l’attacco terroristico del 2016 dove sono morti i 9 italiani), a mandare i figli alle scuole internazionali e viaggiare in SUV.






