L’onda coreana (hallyu, per l’appunto) in questi giorni sembra sempre di più inarrestabile; SQUID GAME è senza dubbio il fenomeno del momento, quello più discusso nelle scuole, tra gli psicologi, quello che preoccupa i genitori di bambini e adolescenti tanto da costituire veri e propri comitati per organizzare petizioni con lo scopo di chiedere la cancellazione della serie trasmessa da Netflix.
Ma perché così tanto allarmismo? Tanto successo per poi censurare la visione, ovviamente dopo che il fenomeno si è diffuso ed ha avuto a volte tristi epiloghi?

La trama degli episodi è semplice: alcune persone accomunate da una situazione economica grave accettano di prendere parte ad un gioco manovrato da un gruppo di super ricchi. I giochi sono quelli della nostra infanzia ( tiro alla fune, biglie, “Uno, due, tre…stella), ma chi perde muore e ogni morte fa salire il montepremi.
Siamo abituati, anzi i bambini e gli adolescenti sono abituati alla violenza di alcuni videogames che simulano battaglie cruente, sparatorie e lotte fisiche, ma questa serie ha qualcosa in più: rende facile il passaggio di concetti pericolosissimi, uno tra questi che il perdente non merita un’altra occasione ma solo la morte, perché non è stato abbastanza forte o furbo o semplicemente fortunato nel superamento delle prove.

Non meno pericolosa è l’imitazione, da parte di giovanissimi fruitori della serie, dei giochi di Squid Game con tanto di punizioni “corporali” o atti di bullismo nei confronti dei perdenti sbeffeggiati o addirittura picchiati da loro coetanei.
Ci dobbiamo chiedere se Squid Game è lo specchio della nostra società, in cui la competizione sfrenata mette tutti contro tutti calpestando valori come l’amicizia, la solidarietà, l’aiuto ai più deboli; una società schiava del denaro per il quale tutto si fa anche a costo di rimetterci la vita.
A noi adulti non rimane che chiedere la cancellazione di una serie considerata “nociva” o piuttosto la ferma volontà di spiegare ai nostri ragazzi la lealtà nel gioco, il rispetto delle regole, il dono della vita, preziosissimo, che va salvaguardato e custodito con cura? Il gioco non dovrebbe mai essere accomunato alla morte, ma, al contrario è attraverso il gioco che i ragazzi dovrebbero sperimentare le basi del vivere civilmente e del rispetto reciproco, soprattutto dei “perdenti”.
Forse basterebbe non lasciare i più piccoli in compagnia di uno smartphone o di una serie televisiva: è sicuramente il tipo di compagnia che poco insegna e molto devia.