Roma, 9 ottobre. Mentre una folta schiera di no-vax e no-green pass attraversa le vie della capitale, riesco ad evitare il corteo e costeggiando le Mura Aureliane giungo in Via Veneto, la strada della “Dolce Vita” di Fellini, famosa anche per i suoi caffè e per i lussuosi alberghi frequentati dalle celebrità di ogni epoca. Questa sera mi trovo qui non casualmente: da qualche settimana strane figure, oggetti di uso comune giganteschi e persino una casa “grassa” affollano i marciapiedi e si mescolano tra le aiuole.
Si tratta di alcune installazioni dell’artista austriaco Erwin Wurm, delle vere e proprie opere d’arte a cielo aperto, capaci di incuriosire e catturare lo sguardo di coloro che transitano su Via Veneto, offrendo una visione diversa di oggetti che forse si tende a considerare banali (una borsa per l’acqua calda, una valigia, indumenti, un frigorifero, un guantone per la boxe).
L’idea è originale e curiosa; queste strane figure sono collocate in un luogo simbolo di Roma ed esse stesse diventano simbolo di ciò che siamo quotidianamente o di ciò che ci rappresenta o di ciò che usiamo per il nostro lavoro, per il nostro tempo libero o addirittura simbolo del nostro accumulare dentro casa.
Oggetti e simboli trattati in maniera “gigante”, molto visibili da più angolazioni e interpretabili da più punti di vista.
La bellissima quinta scenografica di Via Veneto fa da sfondo a questo esperimento artistico, a questo nuovo modo di utilizzare gli spazi pubblici, di occuparli seguendo un preciso scopo: riscoprire la bellezza di alcuni luoghi e contemporaneamente dare il giusto valore ad opere che, pur nella loro stranezza, ci invitano a riflettere.