Una delle ragazze che lavora con me vive vicino a casa mia e cosi ogni mattina passo davanti a casa sua con la macchina e insieme andiamo in ufficio. E’ una bella ragazza, pelle perfetta senza inperfezioni però tendente al scuro. E’ il colore di pelle tipico delle persone di qui, nè chiaro nè scuro. Ma lei è convinta di essere scura e quindi evita il sole in tutte le maniere possibili. Quando cammina per strada apre sempre l’ombrello, quando va in rickshaw tira su’ il tettuccio e quando viene in macchina con me si siede sempre dietro e a sinistra, il posto davanti essendo di norma riservato alle domestiche. Perchè? Perchè in base alla strada che facciamo, il sole batte sempre sulla parte destra della macchina, dove mi siedo io. Tanto tu sei chiara e un po’ di colore ti sta bene, mi dice, per giustificarsi senza pensare che il sole, soprattutto quello di questa parte di mondo, causa molto facilmente le insolazioni. Porto pazienza.

Se invece per un qualche motivo siamo obbligati a cambiare strada, e non è detto che il sole cada sembra a destra, si copre il viso con il vestito o incastra un giornale, se lo trova a portata di mano, fra il finestrino per farsi ombra. Se per caso fosse obbligata a sedersi davanti, allora tira giù il parasole, inforca gli occhiali da sole, copre le mani con il vestito, porta sempre le maniche lunghe per non esporre le braccia, e spinge il sedile indietro finchè si blocca constringendo il povero malcapitato a viaggiare con le gambe di sbieco per tutto il tempo. E’ esagerata? No, più o meno fanno tutte cosi. Ho perso il conto delle volte che mi sono trovata in situazione analoghe ma con altre persone; all’inizio rimanevo interdetta, anzi proprio infastidita da questo tipo di comportamento adesso non ci faccio più caso, anzi a dire la verità mi ci diverto.

Quante volte mi sono sentita dire potessi avere il tuo colore di pelle, niente visite dall’estetista, niente creme sbiancanti. Saresti contenta di essere bianca cadaverica? Potessi io avere il tuo, le dico, niente ore passate sotto il sole ad abbronzarsi d’estate e nessuna seduta di lampade UVA d’inverno, nessuno che ti dice sei cosi bianca che sembri malata. Ma non capisce il sarcasmo. Questo per dire come i concetti di bellezza siano totalmente differenti, quasi all’apposto, a seconda del continente in cui ti trovi.

 

 

Arrivata in questo paese, ho subito scoperto che esiste una forma di razzismo diversa dalle discriminazioni fra bianchi e neri. E’ una forma di razzismo interno che discrimina non solo il povero dal ricco, il musulmano dall’induista ma soprattutto chi sfortunamente è nato con un bel po’ di melanina in più e chi meno. Quella in cui mi sono imbattuta qui in Bangladesh è una forma di discriminazione molto sottile, subdola e per questo forse ancora più pericolosa. Questo fenomeno viene chiamato, come ho scoperto poi, colorismo: in sostanza la credenza a cui tutti, maschi e femmine, sono esposti fin da piccoli, secondo cui le persone con una pelle scura sono intrinsicamente inferiori rispetto a quelli con una pelle più chiara e da qui tutte le terribili analogie bianco equivale a bello, puro, pulito e nero a brutto e sporco. A ben pensare è assurdo discriminare persone che appartengono alla tua stessa etnia, eppure queste sono dinamiche sociali che una persona straniera, e soprattutto bianca, non può non notare quando sbarca in un qualsiasi paese asiatico e ha la possibilità, come ho avuto io, di essere parte della famiglia.

L’epoca del colonialismo ha poi contribuito a sedimentare questa discriminazione. Per gli inglesi, essere bianchi, ha giocato a loro favore, essendosi trovati già in una società che vedeva l’essere di carnagione più chiara una fortuna. Emergere era una doppia fatica prima contro la propria gente e poi contro il colonizzatore bianco.

È chiaro che un sistema di valori costruito e accresciutosi in secoli di storia sia estremamente difficile da modificare anche e soprattutto perchè è stato portato avanti e sfruttato dai media, in particolare dal cinema, nelle campagne pubblicitarie, nelle copertine dei giornali di moda, in televisione dove sono rappresentate solo donne dalla carnagione chiara o fortemente schiarita. Centrale è il ruolo non solo del cinema locale ma soprattutto quello della vicina India, Bollywood, a cui tutti qui si riferiscono. Li, in un paese di oltre un miliardo di persone, gli attori di maggiore successo a cui spettano i ruoli da protagonisti nei film sono tutti di carnagione chiara e magari con gli occhi azzurri o verdi come la famosissima Aishwarya Rai, ex miss universo e Hrithik Roshan. Sono loro che finiscono nelle locandine e rappresentano l’India all’estero.

 

La discriminazione diventa business multimilionario, sfruttato non solo al cinema ma anche dalle multinazionali dei prodotti di bellezza.

Prime fra tutte qui la Unilever che a partire dagli anni 70 ha messo sul mercato una crema diventata poi famosissima che si chiamava Fair & Lovely. Il messaggio era chiaro se sei fair sei lovely, l’opposto no. Le campagne di comunicazione di questo tipo di prodotti di bellezza seguivano tutte la stessa storyline: la protagonista è frustrata e insoddisfatta della sua vita per motivi che possono essere sentimentali o professionali, poi un’amica o una parente le consiglia di usare il prodotto pubblicizzato. Dopo qualche settimana di utilizzo, la pelle della protagonista diventa più chiara (viene mostrato il confronto prima-dopo) e come per incanto il problema iniziale si risolve: l’amante prima disinteressato si innamora di lei; riceve una chiamata per il colloquio di lavoro dei suoi sogni; viene selezionata per il film; si laurea con il massimo dei voti ecc. ecc.

Uso apposta il passato perchè pare che gli ultimi eventi tragici negli Stati Uniti, la morte di George Floyd per prima, abbiano avuto qualche ripercussione anche qui. A quanto pare la Unilever ha capito che il messaggio alla base della vendita delle creme sbiancanti, che ha portato migliaia e migliaia di adolescenti e donne a dubitare inutilmente delle loro qualità ed essere discriminate, fosse del tutto sbagliato e hanno a quanto pare dimostrato la volontà di togliere il termine ‘fair’ dalla crema nonchè tutti i riferimenti subdoli al bianco come meglio di nero intrinseci nelle loro pubblicità. Anche la povera Prianka Chopra, famosissima attrice indiana, che voi forse conoscete di più per il fatto di aver sposato uno dei fratelli Jonas, e per anni testimonial di queste creme di bellezza si è vista insultare sui social per essersi schierata con il movimento dei Black Lives Matter. Un comportamento ipocrito che non è sfuggito alle sue connazionali in India e anche qui in Bangladesh, dove è molto seguita e ammirata.

Sia chiaro, il mercato dei trattamenti schiarenti si rivolge anche agli uomini, anche se sono le donne però a ricevere le pressioni maggiori.

Se già nei paesi occidentali la mercificazione del corpo femminile è all’ordine del giorno, in India come in Bangladesh si aggiunge anche l’industria dei prodotti schiarenti a fornire alle donne motivi in più per essere insicure del proprio fisico.

L’apice della mercificazione si raggiunge al momento del matrimonio; la maggior parte dei matrimoni sono ancora oggi combinati e una delle caratteristiche più richieste dalle famiglie per trovare lo/la sposo/a perfetto/a per i propri figli/e è ancora la carnagione. Sugli annunci matrimoniali sempre, sempre e sempre compare l’aggettivo fair sia che l’annuncio riguardi un lui o una lei. E’ una caratteristica che attrae alla pari del titolo di studio e/o del conto in banca. Le spose vogliono essere truccate in modo da sembrare almeno due tonalità più chiare. Nelle case usano i neon per illuminare le stanze non perchè siano più economici e durino più a lungo ma perchè sono convinti che la luce al neon li faccia sembrare più chiari; la prima cosa che guardano nei bambini appena nati è il colore della pelle, da li si capisce quanto fortunato sarà nella vita.

Di nascosto da me, mia suocera proibisce ancora a mio marito di bere il caffè perchè ha paura che diventi ancora più scuro. A nulla serve la logica che i sessanta milioni di italiani che bevono l’espresso anche due volte al giorno non siano diventati ancora neri come gli africani.

E’ rincuorante seguire i giovani qui sui social media e vedere che tanto le ragazze quanto i ragazzi delle nuove generazioni sono consapevoli che questi messaggi sono sbagliati e cercare in ogni modo di cambiare la mentalità. Esiste per esempio una campagna chiamata Dark is beautiful promossa sui media che sta avendo parecchio successo sia qui che in India anche perchè le testimonial sono una serie di attrici indiane non proprio ‘fair’.

Tra i nomi più noti pubblicamente impegnati in questa battaglia c’è per esempio Nandita Das, che da diversi anni collabora con la ONG Women Of Worth a favore di questa campagna.

Una piccola rivoluzione culturale che con un pò di pazienza porterà a dei combiamenti.

E intanto mio marito non ha mai smesso di bere caffe!