Non avevo mai pensato che le cipolle fossero così importanti nella vita di una persona prima di mettere piede in Bangladesh. E non solo perchè sono un ingrediente fondamentale nella cucina Bengalese, ma anche perchè attorno alle cipolle girano giochini e sgambetti politici non di poco conto. Divorzi politici e relazioni internazionali fra paesi confinanti andate in malora per un pugno di cipolle.
Sono l’ingrediente per eccellanza dei piatti bengalesi, toglile e il piatto diventa moscio, senza quel sapore pungente tipico della cipolla Bengalese, tanto che mia suocera si rifiuta di comperare quelle indiane perchè dice sono troppo dolci! Vengono mangiate crude, soprattutto con il pesce, fritte nella pastella insieme alle lenticchie, lesse con un misto di altre verdure e poi non possono assolutamente mancare nel chicken curry e mutton rezala. Almeno due manciate di cipolle, circa una ventina, per ogni kilo di carne.
Tutti sanno quanto costa un kilo di cipolle, il prezzo lo tengono sotto controllo come la pressione e il diabete. Se sale troppo, scendono in strada a protestare, le cipolle finiscono sulle prime pagine dei giornali, i maggiori economisti del paese ne studiano l’andamento, elaborano teorie sofisticate, pubblicano statistiche e dati. E sì, perchè come si fa a rinunciare alle cipolle? Come si fa a rinunciare a un succulento piatto di biriyani cucinato come si deve?
Ma perchè il prezzo delle cipolle è passato da 40 a ben 150 Taka (1 Euro = 90 Taka)? Perchè la vicina India, per tenere sotto controllo il prezzo delle sue cipolle, ne ha bloccato le esportazioni. E il Bangladesh, senza le cipolle indiane, non riesce a coprire il suo fabbisogno interno. Non dobbiamo che ringraziare Modi, che di economia se ne intende quanto io di fisica quantistica, se il nostro curry non è più buono come prima.
E non importa se nel frattempo uno studente brillante del secondo anno di ingegneria della migliore università del Bangladesh (BUET) viene picchiato a morte da un gruppo di studenti della sua stessa università e attivisti dell’ala studentesca del partito ora al governo per aver postato sulla sua pagina Facebook un’educata ma pur sempre una critica all’operato dell’attuale primo ministro. Non importa se viene – finalmente- alla luce l’esistenza delle ‘stanze della tortura’ all’interno delle università dove gli attivisti del partito di turno al governo picchiano, torturano, prendono in giro le matricole perchè non li hanno salutati con il dovuto rispetto o non si sono spostati per lasciarli passare.
Le notizie sulle nostre amiche–nemiche cipolle non abbandonano la prima pagina del giornale neanche in questo caso.
E non importa se una ragazza di una scuola coranica dopo aver avuto il coraggio di denunciare l’aggressione sessuale che aveva subito da parte del preside viene bruciata viva per suo stesso ordine; la notizia dei raid della polizia nei mercati per controllare che i commercianti di cipolle non facciano i furbetti compare sulla prima pagina del giornale accanto alla notizia della condanna a morte del preside e dei suoi quindici complici. E si, perchè come si fa a rinunciare a un chicken curry cucinato come si deve.
E chissenefrega se questa notte Dhaka verrà colpita dal ciclone ‘Bulbul’, se un kilo di cipolle costa tanto quanto un pollo?
Per la metà della popolazione del Bangladesh, spendere il doppio per i consueti 10 chili di cipolle mensili non cambia la vita, anzi neanche se ne accorgono; un terzo della restante metà, cioè la classe medio-bassa, si lamenta, brontola, se la prende con i soliti politici al governo ma poi li vedi al mercato a comperare le cipolle. Per i restanti due terzi, gli ultra poveri, forse sì; questi giochetti tra governi e commercianti pesano e incidono sulle loro capacità di acquisto.
Ma come la nostra primo ministro disse a suo tempo per giustificare un aumento del prezzo del riso: “beh, se il riso costa troppo, vorrà dire che mangeranno patate per un po’”.