Il 27 Gennaio di ogni anno si commemora la liberazione dei pochi ebrei sopravvissuti alla “soluzione finale” operata nei campi di sterminio e soprattutto nelle scuole viene affrontato e dibattuto il tema dell’olocausto. Qualche giorno fa ho partecipato ad un cineforum organizzato per alcuni ragazzi dai 13 ai 16 anni: proiezione del film “La vita è bella” di Roberto Benigni e relativo dibattito.

L’atmosfera creatasi nella sala della parrocchia è particolare: euforia iniziale, scambio di battute e scelta concitata dei posti a sedere, qualcuno canticchia la splendida colonna sonora di Piovani, poi di colpo silenzio, qualche risata iniziale per la simpatia di Guido/Benigni e,man mano che si va avanti, scambio di fazzolettini di carta tra le ragazze e tante lacrime.

Inizio a riflettere, cerco di guardare (per l’ennesima volta) il film con i loro occhi, pensando come loro al perché succedono certe cose. Osservo i loro volti concentrati e sono piacevolmente colpita dalla loro attenzione.

Poi il film si conclude ed inizia il dibattito. I moderatori, tra cui i responsabili del gruppo dei giovani partecipanti, un insegnante ed un sacerdote, cercano di evidenziare i punti salienti del film. Ma gli interventi dei ragazzi, i tanti interventi, non riguardano solo ciò che hanno appena visto; è una visione allargata, un cercare di immedesimarsi nei ragazzi della loro età che hanno davvero vissuto l’orrore dei campi di sterminio. Sono tanti gli aspetti che vengono toccati: c’è chi parla di paura, chi pensa al distacco dai familiari, chi all’impossibilità di giocare, di vedersi con gli amici o con i compagni di scuola, chi non riuscirebbe a vivere di stenti o chi, specie le ragazze, ha notato che per le loro coetanee deportate non ci sarà più spazio per la vanità. Tra i più grandi del gruppo si parla di temi più “di spessore”: l’odio tra uomo e uomo, il non voler vedere le sofferenze altrui, l’onnipotenza di decidere sulla vita o la morte di qualcuno magari scherzandoci su. E poi, come un tuono, il perché Dio, il padre buono di tutti, ha potuto permettere una cosa così orribile.

Sentirli parlare, sentire le loro considerazioni o le loro risposte è affascinante, stimolante, appassionante. Ora tocca a noi adulti il compito più difficile: dare loro risposte tali da farli ragionare, capaci di suscitare, a loro volta, altre domande e altre risposte. Occorre investire sulle capacità dei giovani, imparare ad ascoltarli e dar loro modo di scegliere consapevolmente il loro futuro da adulti.