Per la mia famiglia di origine il Natale è sempre stata la festa per antonomasia, l’occasione per rivedere parenti che “scendevano” al Sud per stare finalmente tutti insieme.

Il Natale vero e proprio – tralasciando il tempo speso in cose meno nobili quali la ricerca dei regali o l’acquisto di cibo – per noi cominciava il 24 Dicembre, la cosiddetta “vigilia”.
Mio papà aveva un negozio di abbigliamento e quel giorno faceva, come si suol dire, orario continuato, dalle 9 alle 18 e oltre. Allora la mattina si preparavano delle pizze fritte (le “pettole”), semplici o con il pomodoro, che servivano a placare la fame di chi quel giorno lavorava..
All’interno dei condomini e delle attività commerciali c’era questo persistente odore di fritto, perché oltretutto le pettole non solo erano prodotte in ogni cucina in quantità industriale, ma erano anche oggetto di scambio e di reciproci assaggi tra amici, tra una famiglia e l’altra, tra negozianti.
A pomeriggio inoltrato, quando mio papà tornava dal lavoro, andavamo a casa dei nonni materni dove c’erano ad attenderci anche gli zii, i cugini, etc..
Dopo la cena non potevano mancare almeno 3 o 4 tombole (con le cartelle di carta, i numeri venivano coperti con dei fagioli), sette e mezzo e altri giochi di carte.
Ma il momento che tutti noi aspettavamo era “la processione” che andava da casa dei nonni a casa di mia zia che era esattamente di fronte, sullo stesso pianerottolo.
Ciascuno di noi aveva una candela, procedevamo al buio, in fila indiana, cantando “Tu scendi dalle stelle”, entrando in ogni stanza delle 2 case, bagni compresi…e ogni volta qualcuno diceva “… Ma dai !!! Pure nel bagno!!!” e qualcun altro rispondeva “Certo, anche nel bagno!!!”.
Il più piccolo della compagnia apriva la fila e portava il Bambinello Gesù che sarebbe poi stato collocato nel bellissimo presepe di mia nonna, con i pupi di cartapesta e con quelli che mio nonno chiamava “gli angeli vestiti a diavolo” perché gli angeli che contornavano le grotta, durante il Natale di molti anni prima, erano stati troppo vicini ad una fiamma e quindi erano diventati tutti di un bel colore rosso acceso.
Terminata la processione e recitata la Novena e altre preghiere di rito, ci si baciava ed abbracciava tutti quanti, come se non ci fossimo visti per anni!
Poi, ovviamente, si procedeva ai regali che solitamente venivano scartati sotto l’albero fatto a casa di mia zia Angela.
Il giorno dopo, 25 Dicembre, si andava tutti a pranzo dalla zia anche per consumare gli avanzi del giorno prima, sempre abbondanti, e infine il rito andava avanti anche il 26, giorno di Santo Stefano, stavolta a casa nostra.
Ripensando a quei momenti mi manca lo spirito, il calore, la voglia di stare insieme che animava tutti noi; tuttavia i rimpianti perché quei momenti sono finiti cedono il passo al ricordo dolce, alla gioia di averle vissute quelle giornate e di essere stato anche fortunato per averne vissute tante.
Purtroppo, non ho tante fotografie di quei giorni di festa, che erano proprio la rappresentazione di valori in cui credevamo (la famiglia, lo stare insieme anche in modo semplice, il voler condividere momenti di gioia); ma ciò non importa, i momenti belli che abbiamo vissuto sono dentro di noi, fanno parte del nostro patrimonio genetico e noi dovremmo cercare di trasferirli a chi verrà dopo di noi. Questo è, a mio modo di vedere, il compito principale che – prima o poi – toccherà a ciascuno di noi.
Naturalmente approfitto dell’occasione per augurare Buon Natale a tutti coloro che frequentano il blog; che davvero possano essere giorni di serenità per tutti!



