La stragrande maggioranza dei bambini trascorre l’infanzia in uno spazio psicologico costituito dalle figure genitoriali che ne curano e sviluppano le potenzialità emotive. La divisione di ruoli genitoriali tradizionali suggerisce che la madre ricopra la funzione nutritiva e di sostentamento del bambino, soprattutto nei primi mesi di vita, mentre l’uomo, pur svolgendo una funzione di protezione come la madre, in quanto padre, assume il ruolo di “emancipatore” (Oliviero e Oliviero, 1978), ovvero di colui che media tra richieste e limitazioni, per portare il bambino ad assumere un atteggiamento sicuro nei confronti del mondo esterno e della vita sociale.

Una strutturazione rigida dei ruoli materno e paterno con una conseguente cristallizzazione delle caratteristiche di genere, in cui solitamente la madre assume un ruolo di tenerezza e comprensione e il padre quello autoritario e normativo, non è molto condivisa nella società odierna. Oltre ai cambiamenti sociali che hanno contribuito a ridurre, se non ad annullare, le differenze di genere anche nei ruoli genitoriali, nella società contemporanea si tende ad una omplementarietà dei ruoli genitoriali e dell’educazione dei figli.

L’identificazione del bambino maschio con il genitore del proprio sesso è un processo che dipende fortemente dal grado di accordo tra i genitori in termini di soddisfazione ed equilibrio.

L’assunzione del ruolo biologico da parte del bambino necessita dell’apprezzamento degli adulti presenti nel proprio ambiente di crescita.

L’eccessiva debolezza o tirannia delle figure genitoriali può creare nel bambino problematiche psicologiche che potrebbero, in futuro, scoraggiare il processo di identificazione oppure far sviluppare paure legate alla perdita dell’affetto, oltre che sentimenti di panico in occasioni o eventi importanti(esame, competizione, coito).

Purtroppo alcuni modelli educativi rigidi e prescrittivi, in ordine ad una durezza della mascolinità, possono influenzare in modo negativo lo sviluppo psicologico sano ed equilibrato dei maschi. L’assenza di contatto fisico e la scarsa consolazione in momenti di difficoltà e paura in cui il bambino necessita di essere tranquillizzato possono essere connotati negativamente da un punto di vista psicologico. Il non poter piangere, il non poter cercare il contatto fisico per la consolazione, la negazione del riavvicinamento dopo un forte spavento, la critica per non essere stato abbastanza coraggioso possono rappresentare ingiunzioni negative e critiche per la crescita del maschio.

Ad esempio, la mancata concessione di riconoscimento nei propri bisogni, come il potersi rifugiare tra le braccia di mamma o papà nei momenti di difficoltà, sostituita dall’ingiunzione normativa di dover essere forte e comportarsi da grande (come un uomo deve essere secondo il senso comune), precludono lo sviluppo armonico del bambino maschio nel diventare un uomo equilibrato, incattivendo la percezione di se stesso e portando a giudicare come potenzialmente pericoloso l’ambiente circostante in senso lato.

Secondo Süfke (2008) l’evoluzione dell’identità maschile avviene attraverso un percorso che lo stesso autore suddivide in quattro tappe.

  1. Estraniazione dal proprio mondo interiore
  2. Orientamento maschile all’esterno.
  3. Dogmatismo e senso di impotenza.
  4. Dilemma maschile: amore-odio verso le donne e depressione maschile.

In generale è utile che un bambino maschio sviluppi un buon contatto con se stesso e con le proprie emozioni, ed è importante che durante l’età infantile possa contattare la propria vulnerabilità senza essere caricato di giudizi negativi e ingiunzioni costrittive e limitanti per l’esplorazione del proprio mondo interiore.