Immaginate una ragazza di ceto medio-basso in Bangladesh, mamma casalinga, padre con una piccola attività commerciale giusto per portare a casa qualcosa e sopravvivere e immaginate che ogni giorno debba uscire o per andare all’università, di basso rango, non avendo frequentato buone scuole, o al lavoro, non importa dove. Abita ovviamente in un quartiere decentrato, prima periferia di Dhaka e deve spostarsi in autobus. 

Immaginiamola adesso mentre si prepara ad uscire, seguiamola mentre scende in strada, prende l’autobus fino alla sua destinazione finale. 

Saluta tutti. Un bacio alla mamma, perchè per lei ha sacrificato tutto anche la sua identità (nessuno ti chiama per nome qui, se non i parenti o gli amici molto stretti, per gli altri si è sempre un’identità apostrofata, la madre di + nome di tuo figlio/a, la moglie di); essere una donna di ceto medio vuol dire fare la casalinga: non puoi andare a lavorare perchè vuol dire che in famiglia ve la passate male ma anche se lavorasse si tratterebbe di un lavoretto poco gratificante e poco dignitoso non avendo avuto la possibilità di studiare perchè costretta a sposarsi prima ancora di finire la maturità. 

Un bacio alla nonna, c’è quasi sempre una nonna in casa, magari vedova, non avendo mai lavorato non ha pensione e non avendo piu’ un marito nemmeno una casa, o uno zio scansafatiche sempre in cerca di lavoro o un cugino venuto dal villaggio a Dhaka per studiare o trovare lavoro e aspettando il posto alla casa dello studente o un lavoro stabile intanto alloggia dai parenti. 

Immaginiamo questa ragazza che si prepara ad uscire di casa. Si assicura che i capelli siano in ordine e legati, i capelli sciolti, specialmente se lunghi, sono simbolo di ribellione alle norme sociali, quelle che non trovi scritte da nessuna parte ma che tutti conoscono e rispettano, e potrebbere indurre gli uomini a pensieri strani. Si assicura che l’orna (quella specie di sciarpa che costituisce il terzo pezzo del vestito tipico Bengalese insieme ai pantaloni piu’ o meno larghi e il camicione fino al ginocchio con gli spacchi laterali) copra per bene le parti femminili o addirittura la ferma con degli aghi di sicurezza di modo che non si muova o scivoli causandole imbarazzo e occhiate indesiderate. 

Facciamo che questa ragazza non porta l’hijab e vada a capo scoperto. Per mia esperienza poche sono quelle che si coprono il capo per veri motivi religiosi; le altre lo fanno per seguire la moda, che si ispira alle donne iraniane che qui considerano modelli di bellezza, per essere come le sue amiche che lo portano, per sentirsi meno ossevate e quindi piu’ sicure; molte lo mettano ma non sanno dirti perche’. 

Esce di casa, la madre sulla porta la segue finche’ non scompare nell’ascensore e nelle scale e intanto magari fa due chiacchere con la dirimpettaia che nel frattempo, incuriosita dal vociare, quarda caso era proprio vicino alla porta e si e’ affacciata per ficcare il naso, per vedere l’ospite del vicino, per controllare come la figlia esce di casa, che vestito indossa, ecc. ecc. 

Chiama l’ascensore, si aprono le porte. Dentro c’è il portinario di ritorno dal rooftop che è andato molto probabilmente ad aprire. Non osa entrare, meglio fare le scale. 

Si sistema di nuovo l’orna ed esce dal portone. Si dirige in fretta verso la fermata dell’autobus, rasentando il muro di cinta delle altre abitazioni. Nella sua mente solo il desiderio di non essere osservata. Cammina spedita e determinata, sguardo fisso a terra o un punto lontano non ben definito. Fa attenzione a non guardare, neanche per sbaglio, i passanti che incrocia. 

Sale sull’autobus, non prima di dover passare davanti al bigliettario che sosta sempre sui gradini della porta. Borsa ben stretta sotto il braccio, sul davanti, per tenerla meglio sott’occhio. I posti sono segregati. Le prime quattro file di ogni autobus sono sempre riservate alle donne. Se un uomo si trova seduto li, sa che si deve alzare oppure gli viene gentilmente detto a parole o con lo sguardo di farlo. Se tutti questi posti sono già occupati si può ovviamente sedere ovunque. Cercherà magari un posto vuoto accanto a un’altra donna, in mancanza di questo si rassegnerà a sedersi accanto a un uomo, premunendosi di mettere la borsa fra lei e il suo compagno di viaggio. Indosserà le cuffie per non sentire ma soprattutto per far intendere che non è disponibile a conversazioni. Eppure quando salgono sui minivan da 10-12 persone (piu’ le due o tre che si appendono all’esterno) non hanno problemi ad appiccicarsi l’uno contro l’altro; eppure avevano lanciato un servizio autobus per sole donne, ma è stato sospeso per mancanza di passeggeri, eppure prendono una Uber-moto sedendosi, alla dovuta distanza e sempre con la borsa in mezzo, dietro a un driver maschio e sconosciuto. 

Che cosa pensa la nostra ragazza mentre è sull’autobus, molto probabilmente cerca di distanziarsi il piu’ possibile dall’ambiente che la circonda. Vive nel suo mondo, quello parallelo che si è costruita per sopravvivere alle restrizioni, alle regole della società, agli abusi piu’ o meno diretti, piu’ o meno visibili. 

Scende, finalmente ma al lavoro sarà la stessa cosa.

In ascensore, perchè questa volta non potrà evitarlo, ci saranno gli uomini da un lato, le donne dall’atro. A pranzo sceglierà, ma ormai lo fa automaticamente, di sedersi a un tavolo dove già sono sedute altre donne. 

Avrà sempre un atteggiamento mite e starà attenta a non attirare attenzioni indesiderate, anche se prima o poi arriveranno, ne è quasi certa. E cosi in casa, per strada, al lavoro, ogni giorno della sua vita. Il riscatto sociale è quasi impossibile come è quasi impossibile salire i gradini della scala sociale 

Gli unici a fregarsene di queste regole sono gli ultra poveri e gli ultra istruiti. Ai primi viene perdonato tutto quasi sempre mentre i secondi hanno imparato ad andare oltre e a sapersi difendere con la logica, il ragionamento e la conoscenza.